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violoncellista e compositore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Carlo Alfredo Piatti, noto anche come Alfredo Piatti (Bergamo, 8 gennaio 1822 – Mozzo, 18 luglio 1901), è stato un violoncellista e compositore italiano.
Carlo Alfredo Piatti nacque l'8 gennaio 1822 in una casa di via Borgo Canale, a Bergamo. Piatti fu indirizzato fin dalla tenera età alla musica dal padre, discreto violinista, tanto che fu ammesso al Conservatorio di Milano nel 1832 dalla stessa commissione che aveva respinto Giuseppe Verdi.
Terminò gli studi a soli 15 anni, quando venne licenziato dal Conservatorio di Milano con la benedizione del maestro:[1]
«Portatelo pur via, quando volete, che nulla più ci rimane da insegnargli.»
L'inizio della sua carriera musicale non fu tra i più brillanti, infatti girò l'Europa tra vari insuccessi fin quando non giunse in Inghilterra, dove fece fortuna grazie anche all'incontro con Felix Mendelssohn e Franz Liszt, che lo definì "un Paganini del violoncello".[2] Durante la sua attività a Londra partecipò alla prima mondiale de I Masnadieri, dove Giuseppe Verdi impostò il preludio come un assolo di violoncello scritto proprio pensando a Piatti. Nel 1856, a Wolchester, si sposò con Mary Ann Lucy Welsh, unica figlia di Thomas Welsh, professore di canto, dalla quale ebbe una figlia. Il rapporto terminò qualche anno più tardi con una separazione.
Fino al 1898 Piatti visse a Londra dove si produsse in molteplici concerti con musicisti quali Camillo Sivori, Giovanni Bottesini, Clara Schumann, Charles Hallé, Heinrich Ernst e Henri Vieuxtemps, ottenendo numerosi onori e riconoscimenti internazionali.
Carlo Alfredo Piatti morì giovedì 18 luglio 1901, alle Crocette di Mozzo, nella casa del genero, il conte Carlo Lochis. È sepolto nella Villa Lochis, sul colle omonimo situato nel Comune di Mozzo.
All'italiano è dedicato uno dei migliori violoncelli usciti dall'officina dello Stradivari, che fu regalato nel 1866 al violoncellista e che tuttora porta il suo nome.
La critica dell'epoca ci descrive Piatti come un uomo "misurato, sobrio, severo e castigato nello stile" e ancora[2]:
«Egli si può dire che scolpisce e tornisce la cantilena italiana, simulando coi gemiti della corda i sospiri dell'Anima.»
«Cinge col manco braccio il suo violoncello, come si raccogliesse al seno un caro fanciullo ... in tale istante il suonatore e lo strumento non sono che una cosa, un essere unico: i sentimenti dell'uno si traducono, e manifestano mediante la voce dell'altro, ed i misteriosi affetti del cuore del virtuoso, hanno per interprete e rivelatore il violoncello.»
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