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albero biblico descritto nella Genesi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Nelle tradizioni di discendenza biblica, l'albero della conoscenza del bene e del male (in ebraico עץ הדעת טוב ורע?, etz ha-daʿat tov va-raʿ), o semplicemente l'albero della conoscenza, è un albero menzionato nella Genesi e posto al centro dell'Eden insieme all'albero della vita eterna. Dio vietò ad Adamo ed Eva di mangiarne i frutti e l'infrazione del divieto, il cosiddetto peccato originale, fece perdere ai progenitori lo stato soprannaturale in cui Dio li aveva collocati e li rese sottoposti ai vincoli naturali fra cui la fatica, la sofferenza e la morte.
« Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. » ( Genesi 2,9, su laparola.net.) |
« E Dio impose all'uomo anche questo comando: «Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai certamente dovrai morire». » ( Genesi 2,16, su laparola.net.) |
Secondo il libro della Genesi, l'albero della conoscenza del bene e del male era posto nel centro del giardino di Eden. Il divieto di consumo riguardava solo l'albero della conoscenza del bene e del male. La disubbidienza avvenne così:
« Disse il serpente alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. » ( Genesi 3,1-7, su laparola.net.) |
Adamo ed Eva mangiarono del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male e andarono incontro alla punizione: l'allontanamento da Eden e perciò l'impossibilità di continuare a nutrirsi col frutto dell'albero della vita;
« ma Dio disse: «Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre». » ( Genesi 3,22, su laparola.net.) |
Adamo, tuttavia, non morì subito, ma visse altri 930 anni.
La storia dell'albero della conoscenza del bene e del male si trova descritta anche nel Corano, libro sacro dell'Islam (in cui, peraltro, compaiono anche Adamo ed Eva), nella sūra 2. Dio avverte chiaramente i progenitori dell'umanità di stare lontani da quell'albero:
In modo unico, la religione gnostica sosteneva che l'albero fosse interamente positivo o addirittura sacro. Secondo il trattato gnostico Sull'origine del mondo furono gli arconti a dire ad Adamo ed Eva di non mangiare il suo frutto, mentendo loro affermando che sarebbero morti dopo averlo assaggiato. Più avanti nella storia, un istruttore viene inviato dal Pleroma dagli eoni per salvare l'umanità e rivelare la gnosi. Questo salvatore lo fa dicendo ad Adamo ed Eva che mangiare il frutto è la via per la salvezza.[1]
Gli studiosi discutono tuttora sul significato da attribuire all'albero.[2] Per alcuni biblisti, "il bene e il male" sono un merismo per indicare la totalità della conoscenza e, perciò, in alcune bibbie la denominazione "albero della conoscenza del bene e del male" è tradotta semplicemente con "albero della conoscenza". Il racconto, quindi, indicherebbe l'illusione umana di poter acquisire l'onniscienza divina con un semplice atto di disobbedienza.
In alcuni testi biblici (Deut 1,39; 1 Re 3,7-9; Is 7,15), tuttavia, il discernimento del bene dal male è la facoltà che caratterizza il passaggio alla maturità; il testo biblico quindi non descriverebbe un peccato dei progenitori, ma una loro crescita.[3] Adamo, però, è presentato come un uomo già adulto (nel folklore ebraico gli sono assegnati venti anni) incaricato della cura del giardino e della supremazia su tutti gli animali. Egli non può essere privo di discernimento e proprio questa caratteristica è il presupposto della sua capacità di peccare.
In questo racconto, inoltre, la "conoscenza del bene e del male" è una caratteristica divina, che tuttavia l'uomo acquisisce consumando il frutto (Gen 3,22) e che determina conseguenze negative (la consapevolezza della propria nudità, cioè della propria fragilità e indegnità, e il senso di colpa; cfr Gen 3,7-10). Perciò l'azione di mangiare dall'albero, proibita all'uomo, è la decisione di stabilire autonomamente ciò che è bene e ciò che è male, prescindendo dal giudizio del Creatore. Peccando, l'uomo rifiuta di riconoscere la propria natura creaturale, ma questa illusione è subito smentita dalla morte. L'autonomia di giudizio, poi, si rivolta subito contro i progenitori, generando una grave perdita di autostima.
Il racconto biblico, in cui l'autonomia di giudizio morale è indicato con un albero, il peccato con la consumazione di un frutto e il demonio tentatore con un serpente è chiaramente metaforico e la genericità della descrizione è opportuna per impedire che la descrizione di un atto concreto ne assolutizzi il significato. Non è importante per il testo biblico che cosa esattamente abbiano fatto i progenitori, ma soltanto il fatto che abbiano deliberatamente violato un comandamento di Dio. Anche il catechismo della chiesa cattolica, che pure afferma che il peccato originale sia un evento storico, ammette che il racconto utilizza un "linguaggio d'immagini".[4]
Ricorda Rashi:
«Per quale ragione la Scrittura non indica chiaramente il nome dell'albero? Perché Qadosh BarukhHu non desidera umiliare nessuna delle Sue creature; altrimenti gli uomini coprirebbero di vergogna quest'albero, dicendo: "Questo è l'albero a causa del quale il mondo è stato colpito!" Ciò è affermato nel Midrash Tanhuma»
Secondo l'esegesi ebraica del Talmud e dei Midrashim vi sono differenti opinioni: secondo rabbi Meir è l'uva, secondo rabbi Nechemia è il fico, secondo rabbi Yehudah è il grano mentre altri commentatori affermano sia il cedro[5].
La velocità della scena in Genesi 3,6-7[6] fa supporre che la coppia, sorpresa dall'immediato senso di vergogna per le proprie nudità, prese la prima cosa a portata di mano per coprirsi, le foglie - in realtà delle cinture (Midrash Bereshit Rabbah) - dell'albero della conoscenza del bene e del male. Il libro della Genesi 3,7[7] dice che le foglie utilizzate erano foglie di fico, in ebraico תאנה (təe'na).
A proposito del Tiqqun, la tradizione mistica ebraica insegna che, se Adamo ed Eva avessero atteso tre ore ed avessero utilizzato il frutto suddetto per compiere la santificazione del giorno santo dello Shabbat con la cerimonia del Kiddush, non vi sarebbe stata alcuna punizione perché in questo caso inseriti nell'ambito del divino e della santità non sottoposti al male del peccato: secondo un'opinione il frutto è infatti l'uva da cui si ricava il vino con cui gli Ebrei celebrano appunto il Kiddush nel venerdì sera, sera con cui inizia il giorno dello Shabbat, e durante il primo pranzo del giorno del sabato.
L'imposizione di tale divieto valeva infatti solo fino ad un certo momento con la concessione che poi l'uva venisse appunto utilizzata per il Kiddush.
Anche l'Arizal afferma che, quando Eva offrì il succo d'uva dell'albero della conoscenza del bene e del male ad Adamo ed egli ne ingerì la parte con la feccia, attraverso quest'atto nel peccato i due compromisero maggiormente la propria integrità nella disobbedienza a Dio. La tradizione ebraica spiega che Adamo ed Eva non avrebbero ricevuto alcuna punizione se avessero atteso tre ore ed avessero utilizzato il frutto per santificare il giorno, primo Sabato della Creazione.
Secondo il Talmud Noè avrebbe dovuto rettificare il succo d'uva bevuto anche da Adamo: egli però, anziché renderlo santo, commise lo stesso errore ubriacandosi; secondo alcuni la vite venne sradicata dall'Eden come Adamo ed Eva, secondo un'altra opinione essa si trovava in Terra di Israele ma Noè la portò fuori da essa piantandola e godendone il succo del frutto nato il giorno stesso.
Il Sefer haZohar esprime anche l'opinione di Shemaya il santo secondo il quale il grano - anche ...lechem min haAretz, ...לחם, in ebraico: "...frutto dalla T/terra"[8] - fu la pianta perfetta per la quale Adamo cadde in peccato.
Come sopra citato, nel Talmud di Babilonia è presente un'opinione secondo cui fu proprio il cedro.
Vi è anche una storia che racconta come, per la festa di Sukkot, un discepolo espresse dubbi sulla conformità di un Etrog, il frutto del cedro necessario alla preparazione con il Lulav; con clemenza il Maestro lo confortò dicendo paradossalmente: "vedi come sono belli i segni dei denti di Eva?".
Nella cultura dell'Europa occidentale, soprattutto a partire dal Medioevo, l'albero della conoscenza del bene e del male viene considerato un melo. Questa identificazione nasce probabilmente da una lettura allegorica del testo biblico: in latino la stessa parola, malum, può riferirsi sia al frutto del melo, sia al "male", e per questo motivo i commentatori avrebbero favorito l'identificazione, passata poi anche nelle arti figurative, tra il simbolico frutto dell'albero e la mela.[9]
Si osservi che in alcune culture anteriori al cristianesimo, la mela era un attributo di Venere, la dea dell'amore nella sua accezione erotica. È possibile che l'iconografia di due giovani che si scambiano una mela sia poi stata riletta in ambito cristiano, dando origine alla identificazione tra il peccato originale e un peccato di natura sessuale.[10]
Nachmanide spiega che, mangiando del frutto proibito, Adamo e la donna «avrebbe voluto e desiderato una cosa o il suo contrario»[11].
"Delizia" riguarda gli "occhi", il "desiderio" invece l'intelligenza.
I testi ebraici della Torah spiegano che l'albero della conoscenza del bene e del male possedeva anche il tronco saporito e dello stesso gusto del frutto; anche il rabbino Arizal ricorda infatti che in principio Dio avrebbe concesso all'umanità che ogni albero possedesse questa qualità fino al rifiuto della Terra che ciò non volle per i malvagi che poi sarebbero esistiti in seguito. Così l'unico albero a mantenere questa peculiarità fu quello dal frutto negato da Dio ad Adamo ed Eva.
La Torah insegna che il serpente venne punito anche con la lebbra per aver commesso maldicenza verso Dio: in questo animale ne è segno il cambio della pelle.
Dio proibì ad Adamo di mangiare il frutto (Gen 2,17), ma questi aggiunse una proibizione riferendo ad Eva di non toccare neppure l'albero (Gen 3,3). Secondo la tradizione ebraica il peccato fu determinato o almeno favorito da questo errore di appesantire arbitrariamente le regole divine. Eva, infatti, toccò l'albero, casualmente o spinta dal serpente, senza subirne danno e perciò decise che non c'era alcun pericolo a mangiarne il frutto. La questione venne sollevata da Rabbi Chiyah nella parasha 19 del Genesis Rabbah, un testo midrashico del III secolo d.C. L'argomento ricompare nel Talmud babilonese (Sanhedrin 29a) ed è sviluppato ulteriormente nel primo capitolo dell'opera "I padri secondo Rabbi Nathan" (VIII-IX secolo)[12], il più antico commentario del trattato Abot della Mishnah[13].
A proposito dell'albero della conoscenza del bene e del male il libro cabalistico dello Zohar afferma che l'angelo Metatron rappresenta il bene mentre l'angelo Samael il male, quest'ultimo angelo spesso associato al significato del serpente.
I maestri della tradizione ebraica insegnano come la trasgressione di Adamo ed Eva consiste nel tentativo e nella volontà di trarre la conoscenza, elemento spirituale, dal frutto, elemento materiale. Inoltre il primo peccato commesso da Adamo ed Eva fu l'origine e la radice di tutti i peccati esistenti.
Un midrash insegna che originariamente l'albero della conoscenza del bene e del male era legato a quello della vita, posti entrambi nel Giardino dell'Eden: con il peccato Adamo ne ruppe il legame. Un altro insegnamento afferma che Adamo, fino a quel momento sapiente di una saggezza celeste, volle vedere cosa si trovava nell'altro lato intendendo con ciò il mondo dell'impurità: la conoscenza carpita così da Adamo ed Eva non era infatti la conoscenza della Torah ma una conoscenza connaturata al peccato.
Eva diede da bere il succo del succitato frutto anche agli animali infatti da quel momento in poi valse la morte anche per loro.
L'ebraismo, in considerazione dell'origine divina della sapienza, della conoscenza e dell'intelligenza, non manca nel valutare Giobbe esempio di rettitudine ed integrità: egli rivolge al Signore la domanda Dove si trova la sapienza? (28,12[14])
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