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Antonio Visentini (Venezia, 21 novembre 1688 – Venezia, 26 giugno 1782) è stato un pittore, architetto e incisore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.
Visentini nacque nella parrocchia di San Canciano in una modesta famiglia, il barbiere «Marchiò Vicentini« e la moglie Vittoria dal Corso (S. pp. 49, 372).
Apprendista da Giovanni Antonio Pellegrini
Per la prima volta fraglia pittori 1711 (p. 49)
Palluchini ci tenne a segnalare
Figura poliedrica di pittore, disegnatore, incisore, architetto, professore – e anche critico dell'architetture – fu indicato da Moschini come allievo di Pellegrini, dedicatosi successivamente all pittura prospettica raggiunse «quasi dignità di capo del gruppetto dei prospettisti»[1].
1717 primo documento del rapporto (S. p. 49) circolo illuministico Smith e Algarotti e cerchia artisti
Pur nella differenza dei mezzi espressivi l'attività di Visentini appare sempre improntato alla ricerca e alla divulgazione di una architettura urbana liberata dalle incrostazioni barocche per tornare alla pulizia delle impostazioni palladiane[2].
Rimane oggi senz'altro più popolare per la ricca produzione di incisioni, in special modo quelle tratte dalle vedute di Canaletto, sebbene la pignola accuratezza di Visentini messa erroneamente confronto con la ricchezza cromatica della pittura abbia portato buona parte della critica a considerarne i risultati quantomeno piuttosto freddi rispetto ai modelli originali[3].
Il suo approccio alla tecnica fu piuttosto tardivo rispetto a quello della pittura: il primo reperto vicino a questa attività, risalente al 1717, è la firma come disegnatore dei fregi attorno ad un'incisione di Alessandro Dalla Via che riproduceva il ritratto del procuratore di San Marco Marcantonio Giustinian (1676-1756) dipinto da Pietro Uberti[4].
Ancora nel 1726 pubblicò Iconografia della Ducal Basilica dell'Evangelista S. Marco. un'accurata raccolta di planimetrie, prospetti e sezioni della chiesa in grande formato, Qui Visentini dovette fermarsi agli accurati rilievi e ai disegni, assumendosi però anche l'onere di editore dell'opera, affidando le incisioni ad un altro artista. Anzi Moschini e Cicogna riferiscono che il suo tentativo di riprodurre in incisione la tavola con il pavimento settile della basilica fallì probabilmente per un errore nella morsura cosicché dovette gettare il rame, ma questi stessi sono anche in qualche modo i divulgatori dell'equivoco sul nome dell'effettivo incisore. Equivoco deliberatamente generato da Antonio Zatta che volendo far passare per una novità la sua seconda edizione del 1761 modificò i frontespizi e le didascalie delle tavole eliminando qualsiasi traccia dell'incisore, morto da quasi quarant'anni, che prima veniva citato invece chiaramente come Vincenzo Mariotti: «P[adre] Vincenzo si S, Maria delle Scuole Pie, al Secolo il Mariotti Prospetico et Architetto Scolpi.» Dalla originaria richiesta di privilegio del Visentini sappiamo che la già cospicua opera doveva essere seguita dalla pubblicazione dei rilievi di altri edifici veneziani, impresa che anche dopo la richiesta di rinnovo del privilegio privativo nel 1744 non riuscì mai a proseguire[5].
Visentini già nel 1730, o forse poco prima, intraprese, su commissione di Smith, l'incisione della sua serie più nota di vedute, quelle tratte dai quadri di Canaletto di proprietà del console e anche questi appositamente commissionati. Le prime quattordici tavole furono pubblicate nel 1735 con il titolo di Prospectus Magni Canalis Venetiarum. Nel 1742 vennero ripubblicate con alcune correzioni assieme ad altre ventiquattro nuove tavole. È da supporre suppone che le correzioni avessero lo scopo di omogeneizzare la resa alla padronanza stilistica e tecnica maturata durante l'esperienza. Quasta "seconda" edizione, con le incisioni intraprese almeno dal 1739, ebbe il nuovo titolo di Urbis Venetiarum Prospectus Celebriores. A differenza delle prime stampe, gestite personalmente da Smith forse solo per farne degli omaggi, l'edizione completa fu desinata al commercio a cura dell'editore Giovan Battista Pasquali[6]. La pubblicazione riscosse un notevole successo tanto che Pasquali la ristampò nel 1751 e 1753; dopo di lui, per quasi 150 anni e fino alla consunzione dei rami incisi, le lastre vennero utilizzate ancora da altri editori. A sottolineare la qualità dell'opera di Visentini è da notare come non ebbero altrettanto successo i diversi autori – Boitard, Brustolon, Berardi, Wagner e altri ancora – che riportarono in incisione le medesime vedute del Canaletto[7]. Il primo gruppo stampato comprendeva un frontespizio riccamente ornato di allegorie e l'antiporta con i ritratti e gli stemmi di Canaletto e Visentini davanti a quattordici vedute del Canal Grande. Le vedute erano organizzate in due percorsi sempre a partire da Rialto, uno in direzione di San Marco, numerato da I a VI, e l'altro in direzione opposta verso ponente (cioè l'attuale Piazzale Roma), numerato da VII a XII: Coi erano aggiunte le rappresentazioni di due tradizionali feste veneziane: al numero XIII e XIV la veduta dal punto di partenza e arrivo di una regata (Ca' Foscari, ma la didascalia originale, essendo visibile soltanto una porzione del usuale palco galleggiante, cita il vicino Palazzo Balbi); al numero XIV la Bucintoro davanti al molo di San Marco per la festa dell'Ascensione. Nell'edizione del 1742 vennero aggiunte altre ventiquattro vedute: dodici del Canal Grande, ordinate con numeri arabi, a partire da ponente fino alla visione del Palazzo Ducale verso il molo ed il controcampo dal molo verso l'imbocco del canale e altre dodici vedute di campi veneziani con palazzi e chiese, di nuovo organizzate con numeri romani, che si concludeva significativamente con due illustrazioni di piazza San Marco, l'ultima verso la basilica ducale. Tutte le incisioni ad acquaforte e bulino misuravano circa 25x42 cm su lastre di circa 27x43 cm[8]. Due anni dopo, nel 1744, Smith volle che Visentini aggiungesse una specie di appendice con nuove quattro vedute con differenti scorci dell'area marciana, in un formato decisamente più grande (circa 39x47 cm su lastre 43x 59 cm)[9].
Prima della seconda edizione delle vedute veneziane Visentini si dedicò all'illustrazione libraria per le ricercate edizioni di Giambattista Pasquali. Tra queste l'opera omnia P. Virgilii Maronis Opera 1736 – per cui realizzò anche la raffinata marca editoriale Litterarum Felicitas del Pasquali – e il meno impegnativo Prose e Poesie di Antonio Conti 1739.
Ma la serie di incisioni con maggior successo fu quella che preparò per la preziosa riedizione dell'Istoria d'Italia di Francesco Guicciardini, edizione anche questa concepita (già almeno nel 1735) e finanziata da Smith e pubblicata da Pasquali. La intricata vicenda dei rapporti tra Smith ed il poco collaborativo abate Guicciardini, erede dello storico, prolungò i termini di uscita del primo volume al 1738, Comunque i lavori di Visentini per il primo tomo entro erano stati conclusi entro il 1736 e completati nel 1737. Si trattava di una serie di vignette per l'apertura dei capitoli, dei fregi come finalini, alcuni capilettera illustrati e lo stemma del dedicatario Francesco III di Lorena. Le poche altre illustrazioni erano il ritratto dell'autore copiato im disegno da Giovanni Domenico Ferretti e inciso dallo svizzero Jean Michel Liotard oltre all'albero genealogico della famiglia Guicciardini e una medaglia posta davanti al capitolo Vita opera di un di incisore anonimo[10].
Le piccole incisioni del Visentini avevano tutte un soggetto veneziano: i tredici capilettera (incisioni 5x5 cm) presentavano alcuni edifici della città la cui l'iniziale fosse corrispondente, le ventidue vignette (lastrine 8x17,4 cm) di apertura rappresentavano altrettante isolette della laguna. Queste ultime furono particolarmente apprezzate tanto che l'editore Teodoro ne fece una ristampa autonoma nel, col titolo di Isolario veneto e la dedica, essendo già mancato Smith, a un altro conoscitore d'arte e illuminista britannico «Tommaso Moore Slade Cavaliere Inglese»[11]
Nello stesso periodod disegnò e incise numerose vignette e finalini per il volume Musei Theupoli Antiqua Numismata (1735-36) un catalogo della collezione iniziata dal senatore Gian Domenico Tiepolo. Curato dall'erudito Pietro Fondi non risulta come pubblicazione di un editore ma della famiglia Tiepolo: fu stampato per conto dei fratelli Lorenzo, procuratore e cavaliere di San Marco, e Federico, senatore.
ritorno all'interesse sull'architettura con le vignette per Exercitationes Vitruvianae Primae (e Secundae) di Giovanni Poleni 1739 mentre le Tertiae uscirono nel 1741 e Antichità di Rimini di Temanza
Nel 1747 tardi incise la Racolta di vari Schizi de ornati una misteriosa serie di ventiquattro tavole ristampata a Londra nel 1753 da François Vivares come A New Book of Ornaments. Misteriosa sia perché dell'autore dei disegni originali si hanno solo sporadiche notizie e i suoi lavori resi noti grazie alla letteratura storica sono da tempo scomparsi, sia per le scarsissime e confuse notizie sull'edizione veneziana e sul trasferimento della lastre oltre Manica, sia per la conversione di moduli tardo barocchi in un fantasioso gusto rococò apparentemente in contraddizione con il programmatico classicismo di Visentini. Si trattava infatti dell'adattamento per la stampa di alcuni disegni e schizzi del quadraturista Angelo Rosis (Firenze 1670 - Venezia 1742) giunti in qualche modo possesso del nostro architetto che, come dichiarato nel frontespizio dell'edizione veneziana, li corresse, anzi ne aggiunse almeno due, e li incise[12].
1757 Villa Valmarana "Ai Nani" affrescò un piacevole gruppo di vedute prospettiche con edifici classicheggianti completate dalle figurine di Giandomenico Tiepolo[13]???
Zecca/Tesoro San Marco (Bassi)
«palazzo dei Contarini a Santa Maria Zobenigo è ben noto per il ciclo di tele di Antonio Visentini che tuttora decorano le pareti del portego al secondo piano nobile» [>1740] [Giuseppe Pavanello, Affreschi del Settecento in palazzi veneziani: Costantino Cedini e Giovanni Scajario (con una nota su Giambattista Tiepolo), Afat, 35, 2017, p.140][14].
Paolo Pastres, Disegni inediti di Francesco Algarotti ed il capriccio con San Francesco della Vigna di Antonio Visentini, Francesco Zuccarelli e Giambattista Tiepolo , in Atti dell’Accademia “San Marco” di Pordenone, 17 + pendant Redentore (2015)[15]
Primi 900 disegni per Smith +RIBA
Visentini insegnò anche per diversi anni presso la nuova Veneta Accademia di pittura e scultura di Venezia. A partire 1755 fu dapprima professore di pittura prospettica e poi di architettura dal 1761, quando venne istituto ufficialmente l'insegnamento (ma purtroppo non ci restano documenti che treccino i criteri didattici). Nel 1767 i Riformatori dello Studio di Padova lo sostituirono con il più raccomandato Gianfrancesco Costa, riprese però l'insegnamento nel 1771, quando quest'ultimo dovette abbandonare per motivi di salute. Alla fine nel 1778, gli stessi Riformatori lo sostituirono in quanto novantenne e «per l'età sua avanzata non può continuare in simile impiego»[16].
Progettò la dimora veneziana del console inglese Joseph Smith.
Scritti A. Visentini, Il contra Rusconi o sia I l'esame sopra l'Architettura di Giovannantonio Rusconi
Dopo la morte del suo protettore Joseph Smith nel 1770 potè contare soltanto con l'esiguo stipendio di professore infine ci fu le la messa a riposo dall'Accademia così gli ultimi anni risultarono sempre più difficili. Nel di fatto precoce testamento del 1768 aveva già avuto modo di raccomandare ai suoi eredi di valorizzare le sue residue opere tuttavia, alla data della sua morte, il perito incaricato di valutare le proprietà citò i quadri all'ammasso come vecchi e le stampe a peso come la carta straccia[17]. E nonostante il continuativo successo commerciale delle sue incisioni l'interesse delle critica tra Ottocento e Novecento declinò presto giungendo ad ignorarlo o dichiaratamente sottovalutarlo relegandola a figura ancillare (salvo le rare eccezioni di Giuseppe Morazzoni, Terisio Pignatti e Rainer Michael Mason) fino ai primi accurati studi di Federico Montecuccoli degli Erri nel 1980[18].
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