Tomba di Filippo II di Macedonia
monumento funebre greco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La tomba di Filippo II di Macedonia si trova a Verghina, una località vicino a Salonicco, in Grecia.
Tomba di Filippo II di Macedonia | |
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Civiltà | Macedoni |
Utilizzo | Tomba |
Epoca | 336 a.C. |
Localizzazione | |
Stato | Grecia |
Comune | Verghina |
Scavi | |
Data scoperta | 8 novembre 1977 |
Archeologo | Manolis Andronikos |
Amministrazione | |
Patrimonio | Tumulo Reale di Verghina[1] |
Mappa di localizzazione | |
Fa parte di un complesso di altre tombe scavate all'interno di una collina denominata grande tumulo o tumulo reale. Vi sono sepolti probabilmente sovrani come Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, e suo figlio Filippo III Arrideo.
La tomba di Filippo II è stata portata alla luce, sotto un vasto tumulo, l'8 novembre del 1977, dall'archeologo greco Manolis Andronikos negli scavi di Verghina, una località vicino a Salonicco.[2] L'interno della tomba, rimasto intatto, rivela opere straordinarie di estrema finezza, che contrastano con quanto riportato da alcuni autori antichi, come Demostene, che descrive Filippo come un bruto e i Macedoni come dei barbari. Si considera una delle più grandi scoperte archeologiche del XX secolo: ogni nozione sull'antica Macedonia viene stravolta.
Nella tomba furono rinvenuti magnifici oggetti in avorio o poggiati su letti anch'essi in oro e avorio; sul letto di Filippo stesso erano presenti alcuni ritratti realistici, i primi in assoluto mai rinvenuti nella storia dell'arte, raffiguranti il re stesso: sul suo volto sono visibili tutti i segni dell'età, tutte le cicatrici riportate in battaglia. Le pitture rupestri conservano tutta la loro particolare policromia, come nella scena di caccia di oltre 5 metri, raffigurante Alessandro, e il rapimento di Persefone da parte di Ade. Vari studiosi sostengono, invece, che la tomba appartenga a Filippo III.
La tomba di Filippo II è costituita da due stanze, anticamera e camera principale, entrambe coperte da volte a botte e alte 5,30 metri; nella prima, che misura 3,36 x 4,46 metri, quindi rettangolare, vennero deposte le ceneri di una donna, forse Meda di Odessa o Cleopatra Euridice, le mogli più giovani del sovrano macedone. La seconda stanza, quella riservata a Filippo, è quadrata e risulta di 4,46 metri di lato. Sommando queste misure allo spessore dei tre muri di 0,56 metri, e che insieme misurano 1,68 metri, si ottiene la lunghezza di 9,50 metri. La parte esterna delle volte non venne lasciata scoperta, come era solito fare per questo genere di opere in area macedone, ma venne interamente coperta da uno strato di stucco dello spessore di dieci centimetri.
L'ingresso, monumentale, è sormontato dal fregio della caccia un fregio dorico al di sopra del quale si trova, protetto da una cornice in rilievo, una scena di caccia che misura 5,56 metri di larghezza e 1,16 metri di altezza.
La tomba venne fatta costruire sicuramente da Alessandro intorno al 336 a.C., anno di morte del padre.
Su una lunghezza di 5,56 m e un'altezza di 1,16 m, il fregio della tomba II mostra una scena complessa che rappresenta le attività reali nelle grandi riserve di caccia reali dell'Alta Macedonia. Ciò che ha sorpreso tutti gli studiosi è che questa scena è chiaramente situata in un paesaggio, con una linea di montagne all'orizzonte e un gruppo di alberi in primo piano. Il paesaggio sembrava, prima della scoperta, essere apparso solo più tardi in un contesto romano. È una scena complessa con diversi raggruppamenti e azioni. A sinistra, mentre un cacciatore sta uccidendo un cervo, assistito da un cane, un cavaliere visto da dietro sta inseguendo un altro cervo, che sta scappando. A destra, due cacciatori a piedi premono un cinghiale con le loro spade. La scena sulla destra è più densa e drammatica: due cavalieri emergono da entrambi i lati e si preparano a sferrare il colpo fatale a un leone circondato da due servi.
Secondo un'interpretazione, Filippo II è il cavaliere barbuto, e Alessandro il giovane cavaliere posto esattamente al centro della composizione, nell'asse della facciata.[3] Questa scena enfatizza il coraggio della dinastia argeade, secondo un'immagine di sovranità influenzata dall'Oriente. L'esecuzione è quella di un maestro pittore.[4]
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