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La scuola di Chartres fu una scuola cattedrale[1] di studi filosofici e teologici sorta alla fine del XI secolo a Chartres, per iniziativa del vescovo Fulberto, e proseguita nel secolo successivo, avendo come programma lo sviluppo della teologia cristiana tramite la filosofia platonica.
Si trattava di uno dei più grandi istituti appartenenti al sistema educativo della scolastica medievale. Tra i suoi maestri sono da ricordare Fulberto di Chartres, fondatore della scuola, i bretoni Bernardo di Chartres col fratello Teodorico,[1] Ivo di Chartres, il normanno Guglielmo di Conches,[1] Gilberto Porretano, Giovanni di Salisbury.
A differenza dell'indirizzo aristotelico seguito dalla maggior parte delle scuole di allora, i filosofi di Chartres assimilarono la dottrina di Platone attraverso il pensiero neoplatonico di Agostino d'Ippona e di Severino Boezio.
Sul piano ontologico sostennero che le idee sono create dal Padre, mentre la loro concezione cosmologica seguiva l'interpretazione di Calcidio del Timeo di Platone, identificando lo Spirito Santo con la platonica anima del mondo, riprendendo così la tesi di Pietro Abelardo. Ammettendo l'immanenza di questa nella Natura, si riallacciavano alla tradizionale visione partecipativa del creato.
«Anima mundi est naturalis vigor rerum quo quedam res habent tantum moveri, quedam crescere, quedam sentire, quedam discernere. … Sed quit sit ille vigor queritur. Sed, ut mihi videtur, ille vigor naturalis est Spiritus Sanctus, id est divina et benigna concordia que est id a quo omnia habent esse, moveri, crescere, sentire, vivere, discernere.»
«L'Anima del Mondo è un'energia naturale degli esseri per cui alcuni hanno soltanto la capacità di muoversi, altri di crescere, altri di percepire attraverso i sensi, altri di giudicare. […] Ci si chiede cosa sia quell'energia. Ma, come mi sembra, quell'energia naturale è lo Spirito Santo, cioè una divina e benigna armonia che è ciò da cui tutte le realtà hanno l'essere, il muoversi, il crescere, il sentire, il vivere, il giudicare.»
Il loro influsso sulla cultura dell'epoca, interpretato dalla storiografia moderna nel senso di uno spiccato razionalismo,[3] è stato tuttavia rimesso in discussione.[4] Avvertendo piuttosto la presenza dello spirito nella natura attraverso l'azione combinata dei quattro elementi (fuoco, terra, aria, acqua), essi cercarono di trasporne i segreti in simboli ed immagini nell'omonima cattedrale.[5]
I testi usati erano in prevalenza una traduzione parziale del già citato commento di Calcidio al Timeo di Platone, un commento di Macrobio al Somnium Scipionis di Cicerone, e la nona rima del terzo libro del De consolatione philosophiae di Boezio.
Nell'opera di Teodorico di Chartres, l'Eptatheucon, in una parte del testo, precisamente nel prologo, sono descritte le nozze tra Mercurio e Filologia. Questo matrimonio allegorico esprimeva il significato profondo della riunificazione dei due principali strumenti della filosofia: l'interpretazione critica dei testi antichi (interpretatio), e l'intelligenza filosofica (intellectus).
A Bernardo di Chartres fu attribuita inoltre la famosa metafora che li equiparava a «nani sulle spalle dei giganti»,[6] emblematica del loro tentativo di poggiarsi sulle fondamenta del sapere classico greco-romano e al contempo di oltrepassarlo.
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