Nell'editoria accademica, una rivista accademica è un periodico in cui sono pubblicati contributi tecnico-scientifici di scienziati ed esperti di una disciplina accademica previa revisione paritaria (in inglese, peer review). Assieme ai testi dedicati alla divulgazione scientifica fanno parte della cosiddetta comunicazione scientifica ufficiale da parte della comunità scientifica.

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La prima pagina del Science nel 1883
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Riviste accademiche soggette a revisione paritaria
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La copertina del primo numero di Nature, 4 novembre 1869

Le riviste accademiche servono come forum per l'introduzione e la presentazione di nuove ricerche, così come per la critica di ricerche esistenti. Il contenuto delle riviste prende tipicamente la forma di articoli che presentano ricerche originali, rassegne o recensioni di libri.

Le riviste accademiche sono classificate per prestigio, competenza e affidabilità di revisione secondo l'indice di impact factor. Nella terminologia anglofona, le pubblicazioni accademiche che non sono soggette a revisione paritaria prendono il nome di "magazine". Le più famose riviste accademiche, note anche al grande pubblico, sono Nature, Science, Physical Review e Astrophysical Journal.

Mega-journal

Il mega-journal è una rivista accademica sottoposta a revisione paritaria e accessibile in modalità open access, caratterizzata da un minore grado di selettività delle pubblicazioni e da un più vasto insieme di soggetti tematici coperti.[1][2][3][4][5][6][7] Plos One è stato il pioniere di questo genere, che si caratterizza storicamente per un modello di business particolarmente lucrativo, presto emulato da altri editori.

I mega-journal presentano un processo di revisione più celere e snello, a fronte di una compartecipazione degli autori agli oneri di tale revisione mediante le cosiddette article processing charges (APC). Tale aspetto monetario, non necessariamente limitato alla copertura dei costi, condiziona l'indipendenza e l'autorevolezza scientifica del processo di revisione paritaria. Le case editrici:

  • selezionano i testi in base alla loro apparente correttezza formale e validità tecnica piuttosto che alla loro importanza scientifica[8][6];
  • sono genericamente composte da editori accademici piuttosto che da un comitato scientifico editoriale di professionisti del mondo accademico;
  • spesso ricorrono a soluzioni grafiche a valore aggiunto e a immagine rilasciate con licenza Creative Commons.[9]

Queste "macroriviste accademiche" hanno incominciato a rivoluzionare il processo di revisione paritario[10], tuttavia demotivando i protagonisti che dovrebbero influenzare il loro ambito di ricerca ed esporsi sui più aggiornati sviluppi dello stato dell'arte, senza poter vantare in cambio nel proprio Curriculum Vitae di aver dedicato tempo e impegno al servizio di un nome prestigioso dell'editoria accademica.[11]

Non sono più utili come strumenti di scambio fra colleghi in un particolare campo (o sottocampo) della ricerca, come invece accadeva con le riviste accademiche tradizionali.[12] Per il futuro, è stato prevista una concentrazione del numero di titoli pubblicati in un numero via via più ristretto di macroriviste accademiche[13][senza fonte], intensificando la tendenza alla concentrazione dei centri di produzione, diffusione e fruizione della conoscenza umanistica e scientifica.

Note

Voci correlate

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