Principio di bigenitorialità
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Il principio di bigenitorialità è una presunzione legale in base alla quale si ritiene che un bambino sia detentore del diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati, ogni qual volta non esistano impedimenti che giustifichino l'allontanamento di un genitore dal proprio figlio.[1] Tale diritto si basa, in questa impostazione, sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell'altro genitore, per cui esso non può e non deve essere influenzato da un'eventuale separazione. Né su di lui si può far ricadere la responsabilità di scelte separative dei genitori.
Il concetto di bigenitorialità o di genitorialità condivisa esiste da tempo in diverse discipline, ma per molto tempo veniva usato prevalentemente in riferimento alle famiglie unite. Dopo la convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia tenutasi a New York nel 1998, si è diffuso sempre di più il concetto che un bambino ha diritto ad avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche se i genitori si separano. Così, man mano che questo principio prendeva piede, il concetto di bigenitorialità è stato esteso anche alla famiglia separata.
Relativamente all'Italia, il principio della bigenitorialità fu introdotto con la legge 54/2006.[2] Secondo la corte europea per i diritti dell'uomo (2010, 2013, 2016 e 2018[3]) l'Italia non ha predisposto un sistema giuridico (e amministrativo) adeguato per garantire tale principio.[4] Benché il principio sia stato ribadito dalla corte di cassazione con ordinanza 28723/2020;[5] la stessa cassazione, con sentenza del 24 marzo 2022, ha sancito che il diritto alla bigenitorialità è in ogni caso sempre subordinato a quello del benessere del minore e, quindi, non esiste obbligo di darvi corso.