Notte di san Bartolomeo
massacro di ugonotti a Parigi, Francia (23-24 agosto 1572) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
massacro di ugonotti a Parigi, Francia (23-24 agosto 1572) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La notte di San Bartolomeo è il nome con il quale è passata alla storia la strage compiuta nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 (giorno di San Bartolomeo) dalla fazione cattolica ai danni degli ugonotti a Parigi in un clima di vendetta indotto dalla battaglia di Lepanto e dal crescente prestigio della Spagna. La vicenda è nota anche come strage di San Bartolomeo o massacro di San Bartolomeo.
Notte di San Bartolomeo strage | |
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François Dubois (1529-1584): il massacro di San Bartolomeo | |
Tipo | Massacro |
Data | 23-24 agosto 1572 Notte |
Luogo | Parigi |
Stato | Francia |
Coordinate | 48°51′24.12″N 2°21′07.92″E |
Obiettivo | Ugonotti |
Responsabili | Fazione cattolica |
Motivazione | Intolleranza religiosa |
Conseguenze | |
Morti | Tra 5.000 e 30.000 |
Il massacro ebbe luogo a partire dall'ordine di Carlo IX di uccidere l'ammiraglio Gaspard de Châtillon (conosciuto anche come Gaspard II de Coligny), ferito pochi giorni prima in un attentato, e altri esponenti protestanti. Il contesto erano le nozze fra la sorella del re, Margherita di Valois (la nota "regina Margot"), e il protestante Enrico IV di Borbone, re di Navarra e futuro re di Francia, considerate un atto di riconciliazione tra cattolici e protestanti, in occasione delle quali erano confluiti a Parigi migliaia di ugonotti.
Gli organizzatori persero però il controllo della situazione e l'eccidio divenne indiscriminato, estendendosi ad altri centri urbani e alle campagne e durando diverse settimane. Secondo le stime moderne morirono tra 5 000 e 30 000 persone, compresi donne e bambini. A nulla valse l'ordine, giunto dal re il 24 agosto, di cessare immediatamente gli omicidi: la strage proseguì, diventando - secondo una definizione diffusa - «il peggiore dei massacri religiosi del secolo»[1] e macchiando il matrimonio reale con il nome di «nozze vermiglie».[2]
A lungo la tradizione storiografica ha ritenuto che la strage fosse stata organizzata da Caterina de' Medici e da Enrico, fratello minore del re, e avallata dallo stesso Carlo IX, per evitare che una controffensiva dei protestanti colpisse la famiglia reale dopo il tentato omicidio di Gaspard de Châtillon. In ciò hanno giocato un ruolo le considerazioni nazionalistiche (Caterina era pur sempre considerata una straniera) e la vasta propaganda politica che si mise in moto già subito dopo l'evento. A ogni modo, la strage, colpendo gli ugonotti con l'uccisione di molti nobili influenti e numerosi soldati, segnò una svolta nelle guerre di religione francesi, contribuendo a «imprimere, nelle menti dei protestanti, l'indelebile convinzione che il cattolicesimo fosse una religione sanguinaria e traditrice».[3]
Huguenot, termine in origine dispregiativo e di etimo incerto, divenne attorno alla metà del XVI secolo il modo in cui venivano chiamati i protestanti francesi di tendenza calvinista. Il protestantesimo si era diffuso tra la nobiltà e la borghesia francesi nella prima metà del XVI secolo. Il calvinismo, eccetto che in piccole zone, si diffuse meno nelle campagne ma ebbe una certa diffusione presso alcuni ceti popolari delle città, in particolar modo i lavoranti di professioni nuove e innovative per l'epoca (tipografi, vetrai, stampatori, barbieri...), nonché tra la nobiltà provinciale.
Verso il 1560 gli ugonotti erano all'incirca un ottavo della popolazione e anziché nascondersi esibivano oramai palesemente la loro fede (compreso il disprezzo per i "papisti"), suscitando con ciò l'allarme dei cattolici. Caterina de' Medici, reggente dal 1559, nel tentativo di garantire la sicurezza della dinastia e l'unione del regno dopo la morte di Enrico II, seguendo una linea politica estremamente pragmatica ne utilizzò la presenza e l'appoggio per evitare di essere soffocata dalle pretese della grande nobiltà cattolica, rappresentata soprattutto dagli ambiziosi duchi di Guisa. Nel balletto tra le parti, alla fine si trovò però in collisione con l'influenza acquisita da alcuni di essi, in particolare il de Châtillon, e con i loro piani di muovere guerra alla Spagna in aiuto della rivolta dei Paesi Bassi. Il massacro di San Bartolomeo fu quindi la conseguenza di tale debolezza dinastica, delle mire contrastanti e dell'ambizione degli esponenti aristocratici e della pace precaria seguita alla terza guerra di religione nel 1570.
La pace di Saint-Germain, firmata l'8 agosto 1570, pose fine alla terza delle guerre di religione iniziate negli anni sessanta del secolo. Come le precedenti, si trattò di una pace precaria, sia perché gli ugonotti continuavano a portare avanti una politica propria, sia per l'intransigenza dei cattolici verso la parziale libertà di culto permessa dall'editto. Il ritorno dei protestanti a corte li scandalizzava, ma la regina madre Caterina de' Medici e il figlio Carlo IX, coscienti delle difficoltà finanziarie del regno, erano decisi a impedire la ripresa delle ostilità. Per concretizzare il mantenimento della pace tra i due partiti religiosi, Caterina progettò il matrimonio tra la figlia Margherita di Valois e il protestante Enrico di Navarra, principe del sangue ed erede legittimo alla corona dopo i Fils de France, nonché grande proprietario feudale nella Francia sud-occidentale.
Alla notizia del matrimonio, Margherita accettò l'ordine della madre (secondo una parte della tradizione storiografica pur dopo aver rifiutato, forse convinta successivamente dall'ambizione di salire al trono e dall'ottimismo che si stava diffondendo sulle nozze[4]), ribadendo però la sua adesione convinta al Cattolicesimo.[5] Il suo attaccamento alla fede fu contrapposto alle richieste della madre di Enrico, Giovanna d'Albret, regina di Navarra e convintamente ugonotta, che durante le trattative matrimoniali iniziate nel 1572 pose come condizione la conversione al Calvinismo della sposa: Margherita rifiutò e Giovanna, spinta dal partito protestante, accettò di ritirare la condizione dando il suo assenso[6] poco prima di morire e cedere il trono proprio a Enrico.
Lo sposo arrivò a Parigi, accompagnato da 800 gentiluomini vestiti a lutto per la morte della regina (secondo la leggenda nera avvelenata da Caterina), nel luglio 1572. Le nozze furono celebrate il 18 agosto 1572 dal cardinale Carlo di Borbone-Vendôme, zio di Enrico, davanti alla Cattedrale di Notre-Dame. Visto che lo sposo non era cattolico, era necessaria una dispensa papale. Il cardinale di Lorena, che si trovava a Roma, osteggiava però nascostamente la politica conciliatoria di Caterina e ne ritardava la concessione. Così Caterina ingannò il Borbone, facendogli credere che un corriere fosse già in viaggio per consegnarla, e il matrimonio tra i due cugini di secondo grado venne celebrato.
«Il corteo s'incamminò per un'aperta galleria, che prolungavasi dal Vescovato al tempio di Nostra Donna, dinanzi alla gran porta del quale era un palco, dove in cospetto del popolo il re di Navarra e madama Margherita di Francia furono uniti dal Cardinal di Borbone, con certo tal formolario già consentito dall'una parte e dall'altra. Il che fatto, Enrico si ritirò col principe di Condè, finché la sposa avesse udita la messa.»
Alle nozze, definite "unione esecrabile" dai gesuiti e seguite da tre giorni di festeggiamenti, non presero parte ambasciatori provenienti da nazioni cattoliche[8] né componenti del Parlamento di Parigi.
Nel 1572 il clima di rivincita cattolica introdotto dalla battaglia di Lepanto (1571 - Golfo di Corinto - contro l'impero ottomano) e il crescente prestigio della Spagna, sostenitrice dei Guisa, provocarono un clima di rinnovata fiducia per le posizioni cattoliche più intransigenti, favorendo il diffondersi di congiure e parole d'ordine che avrebbero portato alla strage.
Il 22 agosto 1572, l'ammiraglio comandante delle forze protestanti Gaspard de Châtillon subì un attentato, per opera di Charles de Louviers, dal quale esce soltanto ferito a un braccio. La storiografia non è riuscita a individuare con certezza i mandanti del tentato omicidio e risultano tre tesi:
Va del resto ricordato che Parigi, il teatro iniziale della strage, era di parte cattolica e vi albergava un notevole risentimento verso gli ugonotti, anche per la fame sofferta pochi anni prima, ai tempi della battaglia di Saint-Denis.
Per rassicurare i protestanti, il re Carlo IX si presentò al capezzale del ferito, promettendogli giustizia, mentre i Guisa minacciarono di lasciare la famiglia reale senza la loro protezione. Il mancato assassinio del Coligny tuttavia fu l'evento che scatenò la crisi: gli ugonotti chiesero vendetta e la capitale fu al limite di un regolamento di conti, mettendo sotto sorveglianza le residenze del duca di Guisa e suo zio il duca d'Aumale. Secondo diverse testimonianze contemporanee, a un pranzo di Caterina tenutosi alle Tuileries vennero fatte chiare minacce di vendetta e di morte verso la famiglia reale.[9]
La sera del 23 agosto re Carlo IX tenne una riunione alle Tuileries con il maresciallo di Tavannes, Alberto Gondi barone di Retz, René de Birague e Ludovico Gonzaga-Nevers. Non vi è alcun documento in cui si dica con certezza che la decisione di abbattere i principali capi militari protestanti fu presa in quella riunione. Tuttavia gli storici ipotizzano che fu in tali circostanze che il Consiglio decise l'eliminazione mirata dei leader protestanti, secondo una lista ben precisa nella quale venivano però risparmiati per ragioni ideali e pratiche i giovani principi del sangue, Enrico re di Navarra ed Enrico di Condé.
Poco tempo dopo, le autorità municipali di Parigi furono convocate ed ebbero ordine di chiudere le porte della città e di armare anche i borghesi.
La fazione cattolica facente capo ai duchi di Guisa e appoggiata dal re[10], dal fratello Enrico (poi Enrico III) e dalla regina madre Caterina de' Medici, nella notte tra il 23 e 24 agosto scatenò la caccia agli ugonotti convenuti in città.
Sembra che il segnale d'inizio della strage fosse fissato dallo scoccare delle 3 di mattina delle campane della chiesa di Saint-Germain-l'Auxerrois, vicina al Louvre, dove molti dei nobili protestanti abitavano. Lo stesso Enrico di Guisa guidò gli armati che si recarono all'Hotel de Béthizy, dove soggiornava l'ammiraglio ferito. Il de Coligny fu ucciso nel suo letto e scaraventato dalla finestra; i corpi degli uccisi, trascinati per le strade, furono ammassati nel cortile del Louvre.[11]
Parte della popolazione, scoperta la strage al mattino, partecipò ai massacri che durarono diversi giorni, incoraggiati dai preti[12] che incitarono a sterminare anche gli studenti stranieri e i librai, considerati tutti protestanti. Molti cadaveri furono gettati nella Senna, come quello del de Coligny, poi ripescato, evirato e impiccato.
Margherita, allora regina di Navarra da poche ore, narrò nelle sue Memorie che, dopo una notte insonne passata con il marito e i membri ugonotti della sua corte (in stato di agitazione dopo l'attentato all'ammiraglio), si era salvata per miracolo dal massacro, ma era riuscita a far graziare dal re suo fratello alcuni protestanti che le avevano chiesto aiuto.[13] Le Memorie della regina sono l'unica testimonianza diretta proveniente da un componente della famiglia reale.[14]
La regina consorte Elisabetta d'Austria fu svegliata dalle urla e chiese se suo marito fosse informato, ottenendo in risposta la notizia che l'ordine proveniva da lui. Dopo questa conversazione, la sovrana chiese perdono a Dio per il marito.[15][16]
In seguito al massacro, il re di Navarra e suo cugino Enrico di Condé, sorpresi al Louvre, furono obbligati ad abiurare la loro fede e graziati perché principi del sangue. Margherita narrerà che la madre, spinta da «coloro che avevan cominciata questa partita», le chiese se il matrimonio era stato consumato, perché se voleva le nozze potevano essere annullate, ma la regina di Navarra negò l'offerta per proteggere il marito.[17]
Il 26 agosto il re tenne un lit de justice dove si assunse la responsabilità del massacro, dichiarando di aver voluto «prevenire l'esecuzione di una disgraziata e detestabile congiura fatta dall'ammiraglio, capo e autore, e dai suoi aderenti e complici, contro la persona del re e il suo Stato, la regina madre, i fratelli, il re di Navarra e i principi e i signori che erano presso di loro».
Ma il massacro di San Bartolomeo fu seguito da molti altri: «dura tutta una stagione», secondo l'espressione di Jules Michelet. Avvertiti da testimoni, da commercianti di passaggio, incoraggiati da agitatori come il conte di Montsoreau nella Valle della Loira[18], le città di provincia scatenarono i loro massacri: il 25 agosto è la volta di Orléans, dove fece un migliaio di vittime, e Meaux; il 26 La Charité-sur-Loire, il 28 e il 29 Angers e Saumur, il 31 agosto Lione, l'11 settembre Bourges, il 3 ottobre Bordeaux, il 4 ottobre Troyes, Rouen, Tolosa, il 5 ottobre Albi, Gaillac, Bourges, Romans, Valence, Orange e altre ancora.
La reazione delle autorità fu varia: a volte incoraggiarono il massacro, come a Meaux dove il procuratore del re diede il segnale[19] o anche a Bordeaux, dove fu organizzato dal Parlamento, a Tolosa il governatore duca di Joyeuse, si mostrò favorevole alla strage.[20] A volte i protestanti vengono protetti chiudendoli in prigione, come Le Mans o a Tours, ma a volte le prigioni sono assaltate e i reclusi uccisi, come a Lione, Rouen, Albi.
I sovrani europei, papa Gregorio XIII compreso, appresero la notizia del massacro, «presentata come una vittoria del re contro la congiura ordinata dagli ugonotti contro di lui»:[21] il pontefice fece cantare un Te Deum di ringraziamento, coniare una medaglia con la propria effigie per ricordare l'evento e commissionò al pittore Giorgio Vasari una serie di affreschi raffiguranti il massacro, tuttora presenti nella Sala Regia dei Palazzi Vaticani.[22] Filippo II di Spagna espresse la sua soddisfazione dichiarando che quello era il più bel giorno della sua vita. L'entusiasmo del Papa si fece tuttavia più tiepido allorché furono chiare le motivazioni primariamente politiche alla base degli eventi, tanto che un corriere recante le proprie congratulazioni scritte a Carlo venne fermato per strada.
D'altro canto la regina Elisabetta I d'Inghilterra prese il lutto e fece stare l'ambasciatore francese in piedi per molte ore prima di fingere di credere, per ragioni diplomatiche, alla tesi del complotto ugonotto e del massacro preventivo. Davanti alle rassicurazioni francesi e alla comprensione delle ragioni politiche del gesto tuttavia i rapporti in funzione anti-spagnola vennero ben presto ripresi.
Come conseguenza immediata, la strage provocò l'inizio della quarta guerra di religione. Pose inoltre in discussione gli stessi fondamenti di fedeltà al re, come si vide durante l'assedio de La Rochelle, quando gli assediati invocarono come loro sovrano di diritto Elisabetta d'Inghilterra.
Il massacro di San Bartolomeo divenne presto un tema di studio storiografico. La prima ipotesi data dai contemporanei fu che il massacro fosse stato premeditato da tempo. Caterina de' Medici avrebbe attirato i protestanti a Parigi con la scusa del matrimonio, ottenendo l'occasione migliore per potersi liberare di loro.
Più tardi, di fronte alle contraddizioni della politica reale, gli storici cercarono una spiegazione nell'antagonismo esistente tra il re e sua madre. Gelosa dell'influenza che l'ammiraglio Coligny aveva sul proprio figlio, Caterina de' Medici avrebbe ordinato il suo omicidio, scatenando una reazione a catena che non aveva necessariamente premeditato. In preda al panico al pensiero di essere scoperta e di subire la vendetta dei protestanti, con l'aiuto dei suoi consiglieri, la regina madre avrebbe forzato la mano del re titubante per decidere l'esecuzione dei capi militari ugonotti, a partire proprio da Coligny.
La difficoltà degli storici nel dare una spiegazione esaustiva al massacro deriva dalla carenza di fonti contemporanee alla strage e dalle distorsioni evidenti che esse comunque riportano, a beneficio dei rispettivi autori e dei loro partiti. Gli scrittori protestanti non esitarono a esagerare i numeri dei morti e trasformare l'evento come l'esito di intolleranza religiosa. Da parte cattolica, i protagonisti cercano di discolparsi accusando l'un l'altro, come avvenne per il maresciallo di Saulx-Tavannes o della regina Margherita di Valois, che sosteneva di non averne nemmeno avuto sentore. Altri, come Jacques-Auguste de Thou, cercarono di ricostruire quello che avvenne solo qualche decennio più tardi, ma non riuscirono ad andare oltre le polemiche.
Rivendicando alcuni giorni dopo la paternità della strage, di fronte alla posterità Carlo IX ne divenne il principale responsabile. La tradizione popolare scelse perlopiù di interpretare la strage considerandone solo l'aspetto religioso. Al tempo della rivoluzione francese, in un'epoca di tentativo di scristianizzazione, il fanatismo cattolico emblema del massacro di San Bartolomeo fu stigmatizzato e il dramma teatrale Charles IX ou la Saint Barthélemy di Marie-Joseph Chénier (1790) ebbe un grande successo.
Ancora nel XIX secolo, Alexandre Dumas continuò la tradizione nel suo romanzo La regina Margot, narrando la machiavellica premeditazione del massacro per opera di Carlo IX e della regina madre, che avrebbero organizzato il matrimonio di Margherita solo per uccidere gli ugonotti, al culmine di una serie di delitti precedenti.
Se nell'ultimo secolo gli storici separano l'esecuzione dei capi protestanti dal massacro popolare propriamente detto, essi dibattono ancora sulle responsabilità della famiglia reale. Il problema è di trovare il grado del loro coinvolgimento nell'organizzazione del massacro.
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