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museo italiano a Ercolano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Museo vulcanologico dell'Osservatorio Vesuviano è un museo di tipo vulcanologico della città di Ercolano, ubicato nella sede storica dell'Osservatorio Vesuviano sulle pendici del Vesuvio alla quota di 608 metri[2], all'interno del Parco Nazionale[3].
Museo vulcanologico dell'Osservatorio Vesuviano | |
---|---|
Facciata del Museo | |
Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Ercolano |
Indirizzo | Via Osservatorio, 14 |
Coordinate | 40°49′40.26″N 14°23′55.36″E |
Caratteristiche | |
Tipo | Mineralogia Strumenti |
Collezioni | Rocce e minerali vesuviani Strumenti scientifici |
Periodo storico collezioni | Contemporaneo |
Superficie espositiva | 600 m² |
Istituzione | 1841 |
Apertura | 28 settembre 1845 |
Gestione | INGV |
Visitatori | 15 000 (2022)[1] |
Sito web | |
Meta dei visitatori fin dalla fondazione, con il trasferimento a Napoli dei laboratori e del centro di sorveglianza nel 1970, la sede storica del Real Osservatorio Vesuviano fu a completa disposizione della sezione museale e della biblioteca[4].
Il Museo è un edificio ottocentesco in stile neoclassico[5] strutturato su tre piani accessibili da due ingressi[2]. La facciata è strutturata su due livelli con ingressi autonomi, di cui uno, al piano nobile, rappresenta l'ingresso monumentale con un pronao delimitato da un colonnato[2]. Dotata di panoramiche terrazze, da cui è possibile osservare il cratere e la colata dell'eruzione del 1944[5], al primo piano troviamo la Sala Ottagona, mentre al secondo piano c'è la Gran Sala oggi Salone Palmieri[2], in cui ci sono sei edicole inquadrate da lesene con capitelli e timpani decorati con cornici e iscrizioni in gesso. Il soffitto, decorato da Gennaro Maldarelli, è stato restaurato per salvare i cinque dipinti rimasti dei nove originali[2]. Il percorso espositivo del museo è dislocato su due piani, in cui si articolano nove sale[6]:
L'ingresso inferiore porta al primo piano dove sono conservati gli strumenti storici[5], tra cui i sismoscopi, esposti nelle Sale Mercalli e Wiechert[4], mentre l'ingresso principale porta al secondo piano. Qui sono stati allestiti l'ufficio del Direttore con telefono e radio d'epoca, la biblioteca, la sala dei minerali vesuviani, la sala degli strumenti meteorologici e la Sala Ottagonale in cui sono esposti il medagliere vesuviano[7] e le ceneri delle varie eruzioni, i due sismografi elettromagnetici di Luigi Palmieri[3] e la sala dei minerali vesuviani[5]. Un ulteriore spazio espositivo, è ubicato all'aperto nei pressi dell'ingresso principale, dove è possibile osservare alcune bombe vesuviane e rocce a corda[8].
Il Museo è sede di una mostra permanente sulla storia della vulcanologia e della sorveglianza dei vulcani[4]. Attraverso la proiezione di filmati, illustrazioni, le collezioni di rocce e minerali, strumenti storici, libri e dipinti, è possibile conoscere i tipi di eruzione, la loro pericolosità, la storia dell'Osservatorio Vesuviano e degli scienziati che lo hanno diretto o vi hanno lavorato. Tra i filmati della collezione è compreso quello dei Fratelli Lumière (1898), il primo ed il più antico del mondo riguardante un'eruzione vulcanica, il documentario Eruzione del Vesuvio di Roberto Troncone del 1906 ed i filmati dell'eruzione del 1944 girati dagli alleati della V armata[9].
È possibile osservare in tempo reale i dati sismici e geochimici registrati dalla rete di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano.
Completano la collezione degli strumenti scientifici, quelli meteorologici di Matteo Tondi[5], ed ulteriori attrezzature magnetiche, geodetiche e geochimiche, usate per lo studio e la sorveglianza del Vesuvio dall'istituzione dell'Osservatorio[9].
La raccolta di minerali più antica, andata parzialmente dispersa, risale al 1852, quando Arcangelo Scacchi la acquistò da Teodoro Monticelli per creare appunto una sezione mineralogica[5]. Nel 2011 la sezione si è arricchita grazie alla Donazione Mariano Carati costituita da oltre 440 pezzi, di cui 170 esposti, comprendente 130 delle 270 specie mineralogiche conosciute del Vesuvio[3], catalogata secondo la Classificazione Strunz[1]. Ulteriori donazioni sono state ricevute dal Gruppo Mineralogico Geologico Napoletano[5]. Si conservano inoltre ceneri di varie eruzioni, di cui le più antiche sono del 1822[8], esemplari dell'eruzione del 1944 raccolti da Antonio Parascandola e minerali unici al mondo trovati sul vulcano. La sezione mineralogica fu istituita nel 2012[5].
Tra i materiali conservati si notano aftitalite, alite, avogadrite, cotunnite, dolerofanite, eritrosiderite, galena, rinneite, silvite e tenorite[1]. Alcuni minerali sono stati rilevati solo per brevi periodi e non si sono più osservati, come capitato per la litidionite nel 1873 e per la phillipsite-K, quest'ultima assunta come simbolo della sezione mineralogica[1].
La biblioteca del museo custodisce circa 15 000 volumi, 2 000 documenti e 200 immagini[8], generalmente a tema vulcanologico[9]. Le opere più antiche sono nove cinquecentine, una decina di volumi del seicento riguardano argomenti dell'eruzione del Vesuvio del 1631. Comprende le collezioni di Teodoro Monticelli (XVII secolo-1860), di Luigi Palmieri (1860-1950) e di Giuseppe Imbò[8]. Completano la raccolta un centinaio di libri del settecento e dell'ottocento i cui autori sono William John Hamilton, Francesco Serao, Ignazio Sorrentino, Giuseppe Mecatti, Gaetano De Bottis e Ascanio Filomarino. Il libro più prezioso risale al 1668 ed è Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae del gesuita Athanasius Kircher[9].
La collezione comprende 15 gouaches realizzati tra il 1819 ed il 1834, tra cui tre di Odoardo Fischetti[9].
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