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London è una satira composta da Samuel Johnson, subito dopo il suo arrivo a Londra. Quest'opera, scritta nel 1738, è stata la sua prima importante opera ad essere pubblicata. Il componimento si sviluppa in 263 versi ed è basato sulla III Satira (Non c'è posto a Roma per un Romano) di Giovenale, ed esprime il pensiero del personaggio Thales che decide di abbandonare Londra per il Galles. Johnson si rifece a Giovenale innanzitutto per la sua predilezione per il poeta di Roma e, in secondo luogo, per seguire una tendenza popolare nel XVIII secolo fra i letterati, con in testa Alexander Pope, che privilegiavano le imitazioni dei poeti classici, in special modo da parte dei giovani poeti impegnati nelle loro prime pubblicazioni.
London | |
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Titolo originale | London |
Prima pagina di London (1738) | |
Autore | Samuel Johnson |
1ª ed. originale | 1738 |
Genere | poema |
Lingua originale | inglese |
Durante il mese di marzo 1737, Johnson abitava a Londra con il suo ex allievo, l'attore David Garrick.[1] Garrick aveva conoscenza in città e insieme a Johnson trovò ospitalità presso un lontano parente, Richard Norris, che abitava in Exeter Street.[2] Johnson, però, non si fermò a lungo e preferì spostarsi a Greenwich nei pressi della Golden Hart Tavern per completare il dramma Irene.[3] In seguito, nel mese di ottobre 1737, Johnson portò anche sua moglie a Londra; in un primo momento abitarono in Woodstock Street per poi trasferirsi al civico 6 di Castle Street.[4] In breve tempo, Johnson trovò impiego come giornalista presso The Gentleman's Magazine pubblicato da Edward Cave.[5]
Secondo Walter Jackson Bate, le richieste di lavoro provenienti dalla rivista e da altri editori erano "di una quantità e di una varietà senza pari" e "così numerose, variegate e disseminate" che "lo stesso Johnson non poteva farne un elenco completo".[6] Durante questo periodo, Johnson subì l'influsso delle "imitazioni" di Orazio composte da Pope e vide come si potevano utilizzare per attaccare la contemporanea corruzione politica.[7] Sia lo stile che i contenuti erano molto popolari e Johnson decise di seguire l'esempio di Pope, creando una propria imitazione.[8]
Nel maggio 1738, London venne pubblicata anonima e nello stesso anno ne venne pubblicata una seconda edizione.[9] Questo fu il suo primo lavoro importante ad essere pubblicato per un ampio uditorio e uno dei più lunghi "componimenti poetici non per il teatro".[10] Quest'opera per Johnson non doveva essere una semplice satira; al contrario, fu scritta per dimostrare le capacità di Johnson come scrittore e acquistare popolarità al fine di favorire la sua carriera letteraria.[11]
London rientra nel genere settecentesco dell'imitazione.[10] L'opera fu scritta sul modello della III Satira di Giovenale: "Non vi è posto a Roma per un romano" che descrive Umbricius che abbandona Roma per andare a vivere a Cuma in modo da sfuggire i vizi e i pericoli della capitale dell'Impero.[12] Nella versione johnsoniana, è Thales che parte per la Cambria, nome latino del Galles, per fuggire dai problemi di Londra.[8] Johnson scelse come modello le satire di Giovenale dato l'apprezzamento per le opere del poeta latino.[8]
La satira descrive i vari problemi di Londra, tra cui viene posto l'accento sulla criminalità, la corruzione e lo squallore dei poveri.[13] Al fine di sottolineare il suo messaggio, i diversi problemi vengono personificati come esseri che cercano di distruggere Londra.[14] Perciò, i personaggi Malvagità, Rapina e Incidente "cospirano" per attaccare gli abitanti della città.[14]
Non si sa chi possa rappresentare il personaggio Thales, ma è probabile che esso rappresenti Richard Savage, l'amico di Johnson che lasciò Londra per andare in Galles.[15]
Il contenuto di London era contro il governo inglese presieduto da Sir Robert Walpole in carica nel periodo in cui Johnson visse a Londra.[16] Il componimento non nasconde di avere un fondo politico e i versi diretti contro Giorgio II sono ispirarti da un sentimento politico Giacobita.[17] Anche se non è menzionato Giorgio II nel verso 50 ("Let ____ live here, for ____ has learned to live"), secondo Fred Springer-Miller questo verso è una parafrasi di un verso di Nicolas Boileau-Despréaux: ‘Que George vive ici, puisque George y sait vivre’ (Satire, I.34), e quindi ‘George,' cioè Giorgio II, va inserito negli spazi vuoti lasciati da Johnson.[18]
La scelta della città di Londra fu vista come un mezzo per attaccare il partito Whig che era guidato da Robert Walpole.[12] In particolare, Johnson paragona le azioni del re Giorgio II e di Walpole a quelle degli imperatori durante il declino dell'Impero Romano.[19] Parte dell'attacco include, come evidenzia Brean Hammond, "una nostalgica glorificazione della storia inglese che va di pari passo con la rappresentazione di un presente in preda a forme di corruzione mai prima viste".[20] Questa "nostalgica glorificazione" comprende diversi riferimenti alla Regina Elisabetta e alla sua vittoria sugli Spagnoli invasori e al contempo Johnson accusa Walpole di cercare di consentire alla Spagna di impadronirsi dei capisaldi commerciali inglesi.[19]
Johnson fu un severo giudice della sua opera; nel 1748 ne pubblicò una edizione riveduta[21] e giunse a criticare aspramente il genere delle imitazioni poetiche cui apparteneva London.[22] Un altro aspetto del suo componimento che non piaceva più a Johnson nei suoi ultimi anni era la preferenza accordata alla campagna invece che alla città.[8] Comunque, i suoi contemporanei non furono d'accordo con le sue successive valutazioni, e Alexander Pope sin dall'inizio affermò:"l'autore verrà presto déterré" (portato alla luce, reso noto), ma questo sarebbe accaduto solo 15 anni dopo. Questa fu la seconda volta che Pope direttamente elogiò un'opera di Johnson.[23] Non tutti apprezzarono il componimento, poiché i temi politici trattati causarono maretta a corte e fra i sostenitori del governo guidato da Walpole.[17] Johnson non ricevette il riconoscimento come una delle maggiori figure della letteratura fino a pochi anni dopo, quando cominciò a lavorare al suo A Dictionary of the English Language.[9]
L'editore e libraio Robert Dodsley comprò i diritti d'autore da Johnson per £10.[24] Successivamente, London sarebbe stato giudicato come il suo secondo più grande componimento poetico, poiché La vanità degli umani desideri sarebbe stato il primo secondo Walter Scott e T. S. Eliot.[13] Un critico successivo, Howard Weinbrot, d'accordo con le valutazioni di Scott ed Eliot, afferma "London merita di essere letto, ma La vanità degli umani desideri è uno dei più grandi componimenti poetici scritti in lingua inglese."[19] Allo stesso modo, Robert Folkeflik dice, "Non è il più importante componimento, per il semplice motivo che La vanità degli umani desideri è migliore".[25] Alcuni critici, come Brean Hammond, considerano London come "niente di più che un certo meccanico aggiornamento della III Satira di Giovenale."[12] Altri, come Walter Jackson Bate considerano il componimento "magistrale nella sua metrica".[26]
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