Libertà religiosa
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La libertà religiosa è la libertà di cambiare religione o di non professarne alcuna, di manifestarla nell'insegnamento, nella pratica, nell'adorazione e nell'osservanza, conservando gli stessi diritti dei cittadini che hanno fede differente. Comprende quindi anche il diritto, per i gruppi religiosi, di testimoniare e diffondere il proprio messaggio nella società, senza per questo essere oggetto di disprezzo o di persecuzione.
La prima attestazione di una legge che sancisse la libertà religiosa è forse il dodicesimo editto di Asoka, che risale al 250 a.C. circa e dice: Sua Maestà il re santo e grazioso rispetta tutte le confessioni religiose, ma desidera che gli adepti di ciascuna di esse si astengano dal denigrarsi a vicenda. Tutte le confessioni religiose vanno rispettate per una ragione o per l'altra. Chi disprezza l'altrui, abbassa il proprio credendo d'esaltarlo.
Nell'Europa occidentale il primo documento legislativo emesso sulla libertà religiosa è l'editto di Milano, emanato dagli imperatori Costantino I e Licinio nel febbraio 313, con cui si concedeva libertà di culto ai cristiani e a tutte le altre religioni.
Dopo le guerre di religione, il riconoscimento del principio Cuius regio, eius religio offrì, nella pace di Augusta, una prima tutela di diritto internazionale alla libertà di religione, consacrato poi nella pace di Westfalia.
Nel costituzionalismo moderno, il riconoscimento della separazione tra Stato e Chiesa è contenuto per primo nell'emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America.