Iniziativa Democratica fu una delle principali correnti strutturate all'interno della Democrazia Cristiana. Nata sul finire del 1951[1] dall'incontro tra alcuni esponenti del centro degasperiano ed ex-dossettiani della corrente di Cronache Sociali, Iniziativa Democratica si affermò subito come una delle principali componenti della DC.
Grazie all'ampio consenso ottenuto nei gruppi parlamentari e tra gli iscritti, questa componente riuscì per tutto il corso degli anni cinquanta a guidare il partito, portando alla segreteria nazionale uno dei suoi leader di spicco: Amintore Fanfani.
"Iniziativa Democratica" fu il veicolo attraverso cui la cosiddetta seconda generazione democristiana si affermò nel partito e nelle istituzioni, mettendo da parte così la vecchia classe dirigente del partito legata al Partito Popolare Italiano e alla leadership di De Gasperi.
La nascita della corrente
Il ritiro dalla politica attiva di Giuseppe Dossetti lasciò il gruppo di Cronache sociali (la sinistra interna) orfano del suo leader carismatico; tuttavia, i principali esponenti della corrente si diedero presto da fare per riorganizzare la propria posizione nel partito. Su iniziativa di alcuni ex-dossettiani, dunque, nacque la nuova corrente di Iniziativa Democratica, che riuniva sia i reduci del dossettismo (quali Mariano Rumor, Fanfani, Moro), sia elementi della vecchia maggioranza centrista degasperiana (come Taviani o Scalfaro).
Il 18 novembre 1951 fu pubblicato il primo numero della rivista Iniziativa Democratica, attorno alla quale si iniziò a riunire e a strutturare la corrente. Nel primo editoriale, che presentava la piattaforma politica di questa nuova aggregazione, si pose l'accento sulla fedeltà alla politica atlantica e sulla necessità di sostenere lealmente il governo di De Gasperi, riaffermando contemporaneamente però il principio dossettiano di un partito cristianamente riformista, capace di muovere il paese verso un'evoluzione democratica[2].
Da un punto di vista politico, quindi, gli iniziativisti si candidarono a rivendicare l'eredità politica del dossettismo e a proporsi come un interlocutore affidabile per De Gasperi e per il resto delle componenti del partito.
Nel dibattito interno alla Democrazia Cristiana, Iniziativa Democratica si collocò su posizioni alquanto progressiste, distanti dall'integralismo religioso dell'area vicina a Luigi Gedda, nonché di chiusura rispetto alla prospettiva di alleanza con la destra conservatrice e monarchica[3]. Nel campo della politica economica, si affermava la necessità di una svolta rispetto alla linea monetarista di Giuseppe Pella, rivendicando l'opportunità di una nuova fase di programmazione economica e di intervento pubblico nell'economia.
Dopo soli otto numeri, Iniziativa Democratica cessò le sue pubblicazioni a causa dell'intervento dello stesso De Gasperi e dell'allora segretario democristiano Guido Gonella, per ricompattare il partito in vista del suo IVº Congresso (21-26 novembre 1952)[4], al quale tuttavia prese parte come corrente, ottenendo un terzo dei voti dagli iscritti[5]. In questo breve periodo il peso politico di questa componente crebbe quindi in modo considerevole sia nelle articolazioni periferiche dell'organizzazione partitica, sia all'interno del gruppo parlamentare. Nelle elezioni per il direttivo del gruppo democristiano alla Camera dei deputati, Iniziativa Democratica riuscì ad eleggere ben 11 componenti su 19[6]. Gli iniziativisti si candidarono in tal modo a prendere in mano le redini del partito quando la stagione di De Gasperi fosse giunta a conclusione.
Aderirono alla corrente numerosi personaggi da storie e tendenze culturali differenti, che però avrebbero tutti avuto un posto di rilievo in futuro nella DC e nelle istituzioni: Amintore Fanfani, Aldo Moro, Mariano Rumor, Paolo Emilio Taviani, Emilio Colombo, Antonio Segni, Benigno Zaccagnini, Oscar Luigi Scalfaro, Giovanni Galloni, Luigi Gui, Achille Ardigò e molti altri. Come è stato fatto rilevare, “mancò ad essi una comune ideologia; prevalse a volte all'interno del gruppo un atteggiamento pragmatico; il loro incontro fu sostanzialmente il risultato di una confluenza di uomini di una stessa generazione, provenienti da diverse realtà regionali e da diverse esperienze politiche e culturali, che colsero assieme l'esigenza di costruire un partito capace di confrontarsi con la nuova emergente società italiana, con l'obiettivo di contribuire alla costruzione di uno Stato nuovo”[7]
Alla guida del partito
Al Congresso di Napoli del 1954 Iniziativa Democratica si affermò come la corrente più forte della DC, riuscendo ad eleggere senza traumi alla segreteria del partito (grazie anche all'appoggio di De Gasperi[8]) il suo leader Amintore Fanfani.
Sotto la guida di Fanfani e degli uomini di Iniziativa Democratica, la Democrazia Cristiana rafforzò le sue strutture politiche e il suo radicamento sul territorio. Cercò di rendersi maggiormente autonoma dall'influsso e dal sostegno dei grandi gruppi industriali e clericali, per poter così sviluppare una linea politica autonoma. A tale scopo, rafforzò il legame e la presenza nell'industria di Stato.
Da Trento al governo Fanfani
Nel successivo congresso di Trento del 1956, Iniziativa Democratica si confermò la corrente maggioritaria del partito, consolidando le sue posizioni. Tuttavia, sin dal consiglio nazionale democristiano del 1957 a Vallombrosa, emersero forti tensioni tra il segretario del partito Fanfani e buona parte del gruppo dirigente della corrente[9].
Il contrasto nacque sostanzialmente sulla prospettiva di un avvicinamento della Democrazia Cristiana al Partito Socialista Italiano. In quell'occasione, infatti, Fanfani propose una linea meno ostile nei confronti del PSI, affermando che l'atteggiamento della DC verso quel partito potesse mutare alleanza a seconda delle garanzie democratiche che esso avrebbe saputo offrire.
All'interno di Iniziativa Democratica affiorarono non pochi dissensi[10]. Esponenti di primo piano della corrente e delle istituzioni come Carlo Russo, Mariano Rumor (vicesegretario del partito), Paolo Emilio Taviani, Adolfo Sarti, Emilio Colombo e Tommaso Morlino non votano a favore della relazione di Fanfani.
Dopo le vittoriose elezioni del 1958, Fanfani assunse la guida del governo, mantenendo contemporaneamente la segreteria del partito e l'incarico ad interim di ministro degli esteri. Una simile concentrazione di potere creò molte preoccupazioni all'interno di Iniziativa Democratica e del partito, favorendo l'emergere del fenomeno dei franchi tiratori contro il governo.
Dopo l'ennesima bocciatura in parlamento, il 26 gennaio 1959 Fanfani rassegnò contestualmente le dimissioni da Presidente del Consiglio e da segretario della DC. Fu convocato a Roma per il 14 - 17 marzo un consiglio nazionale della DC che avrebbe dovuto discutere della situazione politica.
La fine della corrente
In vista del consiglio nazionale, gli esponenti di Iniziativa Democratica si riunirono nel convento delle suore di Santa Dorotea a Roma. In quella sede, la maggioranza della corrente scelse di accettare le dimissioni di Fanfani da segretario, accantonando la linea politica di apertura a sinistra.
Si determinò in questo modo una spaccatura tra gli uomini rimasti vicini all'ex segretario e il gruppo dissidente (ormai da tutti ribattezzato dei dorotei) raccolto attorno ad Antonio Segni (nel frattempo nominato a capo di un monocolore democristiano appoggiato dai liberali e dalle destre), Mariano Rumor, Paolo Emilio Taviani, Emilio Colombo e, seppure se su una posizione più autonoma, Aldo Moro.
L'ordine del giorno dei fanfaniani che rifiutava le dimissioni del segretario fu respinto dal consiglio nazionale con 54 no, 37 sì e 9 astenuti. Su indicazione dei dorotei Aldo Moro fu nominato nuovo segretario.
La corrente di Iniziativa Democratica cessò così la propria esistenza come componente unitaria all'interno del partito. Da essa nacquero due nuove tendenze: i dorotei e Nuove Cronache, l'area che teneva assieme gli amici dell'ex-segretario Fanfani.
Principali esponenti
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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