Elogio dell'abate Giuseppe Olivi

orazione di Melchiorre Cesarotti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'Elogio dell'abate Giuseppe Olivi è un'opera di Melchiorre Cesarotti.

Fatti in breve Autore, 1ª ed. originale ...
Elogio dell'abate Giuseppe Olivi
AutoreMelchiorre Cesarotti
1ª ed. originale1796
Genereorazione
Lingua originaleitaliano
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Pubblicato a Padova nel 1796, è una commemorazione funebre del naturalista di Chioggia Giuseppe Olivi (1769-1795), morto di tisi a Padova a ventisei anni e già celebre presso varie accademie d'Europa.

Uscì adespoto come parte di una pubblicazione composita, costituita dall'Elogio vero e proprio, da una biografia scientifica del defunto (scritta da Niccolò Da Rio), e infine, fra varie minute appendici, da un Saggio di poesie. L'Elogio vero e proprio ebbe anche una seconda edizione: fu inserito fra le Opere del Cesarotti (Firenze, 1808).

Cesarotti scrisse per l'Olivi anche il testo della lapide a lui dedicata nel duomo di Chioggia.

"Io preveggo facilmente, che proseguendo voi, e perfezionando i vostri studj, diverrete sicuramente uno de' primi naturalisti dell'Europa". Così il naturalista di fama europea Lazzaro Spallanzani all'Olivi nel 1793. Ma la precoce morte rese vane tante promesse e tante speranze.[1]

Ugo Foscolo, che dell'Olivi fu amico, ebbe con sé l'Elogio nell'estate del 1796, durante il soggiorno a quei Colli Euganei che avrebbero fatto da scenario all'Ortis. Lo dice lui stesso a Tommaso Olivi, fratello di Giuseppe, nella lettera che gli invia a Chioggia proprio dai colli; quella che Giuseppe Chiarini definì la "prima lettera dell'Jacopo Ortis". E sul libretto dell'Elogio, sulla traduzione oliviana del biblico Cantico di Ezechia (p. 107 segg.), Foscolo innestò l'incipit ("Né più mai toccherò le sacre sponde") del sonetto A Zacinto, come pure dalla dedica del Cesarotti Alla magnifica città di Chioggia ricavò alcuni passi presenti nell'Ortis tra le lettere di Firenze. E in realtà molto altro.

Giacomo Leopardi si ispirò all'Olivi nel comporre A Silvia; tra le prove più appariscenti, quel "limitar della gioventù" che si legge nell'Elogio (p. 13) e che fra i versi divenne il famoso "limitare / di gioventù".[2]

Edizioni

Note

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