Eccidio di Argelato
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Tutto partì da uno dei numerosi episodi di repressione nazifascista nella pianura a nord di Bologna.
Eccidio di Argelato | |
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Data | Maggio 1945 |
Luogo | Pieve di Cento |
Stato | Italia |
Motivazione | Vendicare la morte dei compagni assassinati e torturati dai fascisti |
Conseguenze | |
Morti | 42 civili tra cui i fratelli Govoni uccisi in due distinte stragi. |
Nell'autunno del 1944 i fascisti intensificarono le spedizioni mirate contro esponenti della Resistenza grazie alle informazioni ottenute dai collaborazionisti o strappate ai prigionieri sotto tortura. L'operazione compiuta nella notte tra il 9 e il 10 ottobre a Funo di Argelato, rientra in questa casistica. I partigiani da eliminare, infatti, erano stati individuati con sicurezza. Il colono Adelmo Bernardi, il quindicenne Cesare Grazia e l'operaio Agostino Stagni, furono prelevati dalle abitazioni, interrogati brutalmente e condotti alla fucilazione verso Casadio di Argelato. Solo Stagni si salvò, riuscendo fortunosamente a fuggire. I fascisti andarono quindi a casa del fornaio Renato Tampellini, identificato come dirigente della Resistenza nella zona di San Giorgio di Piano, e lo uccisero dopo feroci torture. L'ultima vittima della spedizione fu il colono Alfonso Marchesini, anch'egli ucciso dopo essere stato prelevato nella sua abitazione.
Si ritiene che in conseguenza a questi omicidi, ci fu l'eccidio di Argelato, di 12 persone l'8 maggio 1945 e in seguito di altre 17 persone, tra cui i sette fratelli Govoni l'11 maggio 1945 avvenuto a Pieve di Cento, in provincia di Bologna, si pensa compiuto da ex partigiani delle Brigate Garibaldi.