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Ho letto le variazioni che sono state
introdotte all'articolo che ho appena
messo in rete.
Credo proprio che vi siano delle imprecisioni.
Che faccio ?
Saluti.
Ho rifatto l'incipit.
Credo che adesso il testo vada meglio.
Sono un giornalista aquilano. Questo mio piccolo saggio è stato presentato il 28 agosto 2004 al Forum sulla Perdonanza aquilana organizzato dal Rotary International, Distretto 2090. Spero possa interessarvi. ________________
FINALMENTE RIABILITATA LA FIGURA DI PAPA CELESTINO V
La coraggiosa “viltade”
di Luigi Marratitolo del link
Innanzi tutto è doveroso premettere che questa breve relazione non ha, non può avere e non intende avere il valore di studio scientifico, ma solo ed esclusivamente di riflessione curiosa di un giornalista per giocoforza curioso.
Sarà perché, come aquilano, mi sentivo legato affettivamente a San Pietro Celestino, sarà forse perché godevo nel discutere su cose al di sopra della mia scienza e conoscenza, ma già a scuola, al primo liceo classico, ebbi modo di dissentire dalla interpretazione secondo la quale Dante Alighieri si riferisse al grande Santo molisano quando nel 3° canto dell’Inferno scrisse i versi:
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.
All’epoca la maggior parte dei dantisti riconosceva in Celestino V il personaggio citato da Dante e da questi collocato nel girone degli ignavi.
Da allora, e sono passati ben oltre cinquant’anni, il mio personale convincimento si è rafforzato e, se vogliamo, affinato sia seguendo, per la parte specifica, gli sforzi degli studiosi di Dante per giungere ad una interpretazione univoca ed il più possibile vicina al pensiero del Poeta, e sia anche entrando con maggiore conoscenza nella figura di Pietro Angelerio eremita e quindi di Celestino V Papa.
Oggi, fortunatamente, la critica dantesca è praticamente concorde nell’escludere che Dante si riferisse a Celestino V, pur se ancora non trova un personaggio di comune riferimento.
La cosa, ovviamente, non può che farmi piacere, soprattutto perché vedo finalmente riabilitata la figura di un grande Papa, di un grande uomo di fede, di un grande uomo di cultura e di un uomo di grande coraggio. Ma permettetemi di esporvi il percorso mentale che mi portò ad escludere Celestino V dalla bolgia dantesca.
Pur se documenti certi non esistono per lo specifico, ma si ritrovano invece per altre occasioni dello stesso periodo, sia pure leggermente posteriore, si è sempre stati portati a ritenere che Dante Alighieri avesse fatto parte della delegazione venuta dalla Toscana in occasione della incoronazione a Papa di Celestino V nella Basilica di Collemaggio.
Il “dicitur” non è provato con certezza, ma per le diverse e testimoniate presenze del Poeta nell’Aquilano, di cui si ha buon conto in diversi studi compiuti anche dall’allora Facoltà di Magistero dell’Ateneo, la possibilità è molto più vicina alla realtà di quanto si creda. Del resto Dante, passato il periodo scapestrato cui si era abbandonato dopo la morte di Beatrice Portinari e che neanche il matrimonio con Gemma Donati aveva arginato, aveva deciso di entrare in politica e si era quindi inserito al meglio, secondo il suo ben focoso temperamento, nella vita cittadina. Nulla di strano, quindi, che la potente famiglia Donati lo avesse fatto inserire tra i membri della delegazione.
Allora, se Dante era effettivamente venuto a L’Aquila il 29 agosto del 1294 per l’incoronazione di Papa Celestino V in Santa Maria di Collemaggio, non avrebbe mai iniziato la terzina con
“poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto”
cioè con l’affermazione che i personaggi che aveva davanti erano figure a lui perfettamente ignote. Ma c’è di più. Ammesso che quel “riconosciuto” potesse essere interpretato come incontro con persona effettivamente a lui nota ma al momento non riconosciuta, la riga seguente della terzina dovrebbe togliere ogni dubbio nel momento che dice “vidi e conobbi l’ombra di colui”, perché troppo ci si dovrebbe spingere nella forzatura interpretando il “conobbi” con “riconobbi”, non evincibile in alcun modo perché è chiaro che voleva intendere “ebbi conoscenza” di chi era quell’ombra. Insomma, quell’ombra gli fu presentata solo in quel momento. Se ancora sussistessero dubbi, la terza riga della terzina dovrebbe del tutto dissiparli. Ogni parola della Divina Commedia assume il peso di un macigno, tanto il Poeta l’ha soppesata sia da un punto di vista della lingua e sia per il suo più profondo significato. Quando Dante scrive “che fece per viltade il gran rifiuto” poteva solo pensare a qualcuno che si era rifiutato di compiere un qualcosa e non a qualcuno che avesse rinunciato a proseguire in una azione intrapresa. Rifiuto e rinuncia, infatti, sono letterariamente e sostanzialmente diversi ed il Poeta non li avrebbe mai confusi o presi per sinonimi. Detto questo, con tutti i benefici di inventario per una speculazione curiosa di un giornalista curioso, c’è da aggiungere che Dante non avrebbe mai condannato chi per saldezza di fede aveva avuto tanto coraggio da abbandonare perfino la tiara papale pur di non essere complice di una curia romana e, se vogliamo, anche di un re francese che lo volevano al trono di Pietro solo per poter soddisfare le loro personali ambizioni ed i loro meschini interessi. Per cercare in qualche modo di salvaguardare gli interessi della Chiesa e nello stesso tempo di non esacerbare gli animi, aveva anche fatto alcune concessioni e si era perfino allontanato, per essere mentalmente più libero, dall’ambiente non certo salubre della curia romana (L’Aquila prima e poi Napoli furono grazie a lui il centro della cristianità), ma visto che nulla poteva trovò il coraggio di rinunciare al mandato, e dopo aver tentato invano, anche fuggendo, di tornare alla vita dell’eremita, si assoggettò, con l’animo mite di chi è forte nella fede, perfino alla reclusione, sia pure apparentemente dorata, nel castello di Fumone. Possiamo solo ipotizzare quale tremenda esperienza abbia vissuto Pietro Angelerio, abituato a discutere con Dio nei romitori della Maiella e del Morrone, e poi proiettato in un mondo ben lontano dalla sua concezione spirituale. Una parola chiara, al proposito, ce la dice il grande studioso Natalino Sapegno che nel suo commento all’Inferno sostiene, a proposito della super vexata terzina: «...Sta di fatto che sembra assai strano che Dante s’accanisse con tanto disprezzo contro un uomo come Celestino V, al quale i contemporanei diedero piuttosto fama di santità (e fu canonizzato nel 1313), e proprio per un atto che, comunque se ne valutassero le conseguenze storiche, non poteva ad ogni modo essere qualificato vile rinunzia, anziché di consapevole scelta e di ferma valutazione delle proprie doti e limiti. S’aggiunga che i nemici di Bonifacio VIII, tra i quali era anche Dante, tendevano se mai ad esaltare Celestino come santo in contrapposizione al pa-pa politico che, dopo averlo spinto e quasi costretto ad abdicare, lo perseguitò.» E con questo illuminato parere, possiamo alfine affermare che giustizia è stata fatta nei confronti di Celestino V. Con chi, allora, ce l’aveva Dante Alighieri nel momento in cui vide e conobbe “l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto” ? Qui, ove possibile, il discorso si complica ulteriormente, perché diversi sono i personaggi dai dantisti indicati come possibili di riferimento. Il più “accreditato”, se così vogliamo dire, è Ponzio Pilato, che mandò Gesù al supplizio della croce pur ritenendolo uomo giusto che non aveva commesso alcun crimine. Anche su questo personaggio non mi sento di essere concorde sulla possibilità che a lui fossero riferiti i versi di Dante. Senza entrare nell’analisi della terzina, che semmai ci porterebbe a risultati opposti a quelli di Celestino V, e quindi sostenere le ragioni di chi in quella ombra vede Pilato, la perplessità nasce da un diverso motivo legato ancora una volta al carattere di Dante e soprattutto ai suoi convincimenti in materia di amministrazione della giustizia. Dante si sentiva, ed in parte era un perseguitato dalla classe politica imperante a Firenze, e si batteva con grande energia per una reale giustizia non condizionata da alcun potere. Come poteva allora scagliarsi contro Pilato che nella sua veste di giudice, oltre che di grande giurista, era stato costretto, suo malgrado e contro il suo personale convincimento, ad applicare la legge? Nel momento in cui Pilato, nell’errata sua certezza che i tanti beneficati avrebbero sostenuto il Maestro, si era rivolto al popolo per il giudizio finale, non aveva più alcun potere se non quello di applicare la sentenza formulata dal popolo stesso. Ma è bene, anche perché al momento non ci interessa, non addentrarci in questa ulteriore discussione, non ultimo perché il rifiuto da parte di Ponzio Pilato lo potremmo trovare prima e non dopo il ricorso al popolo, e quindi aprire un ulteriore canale dialettico/interpretativo. Tra gli altri personaggi ipotizzati troviamo, con molta fragilità, l’Imperatore Diocleziano, ma anche in questo caso saremmo di nuovo a discutere su rifiuto e rinuncia, e quindi Esaù, che rifiutò, ed il suo fu vero rifiuto, il diritto di primogenitura in favore di Giacobbe. Ma forse, come ci dice Giovanna Viva nel libero commento al canto III dell’Inferno, «in verità il “gran rifiuto” non si riferisce ad una specifica persona, ma a quella parte dell’umanità che rifiuta il “cammino-uno” della vita, cammino fatto di Bene e di Male, perché anche il male segue una vita salvifica tracciata da Dio, attraverso cui l’anima si evolve purificandosi in dolorose esperienze protratte nei secoli.» Probabilmente questa interpretazione va ancora una volta sopra le righe, ma certo è più vicina alle tesi oggi consolidate secondo le quali Dante non si sarebbe riferito a nessuna persona specifica. Del resto, come sostiene Natalino Sapegno, «la figura dell’innominato non ha nel contesto un suo risalto specifico; è piuttosto un personaggio emblema, termine allusivo di una disposizione polemica, che investe non un uomo singolo, ma tutta la schiera innumerevoli degli ignavi.» E tra gli ignavi, né per Dante e né tanto meno per noi, può trovarsi l’eletta figura di Papa Celestino V, del quale invece dobbiamo solo lodare la fede e soprattutto il grande, immenso coraggio. Luigi Marra
Celestino V, Pietro Angeleri e Pietro da Morrone, è nato a Rupecanina, oggi Raviscanina, in provincia di Caserta e non in Molise, quindi, come purtroppo è possibile leggere anche in note enciclopedie cartacee. Ho corretto la voce inerente la località di nascita, ma non la sua biografia.
Mikros 20:47, 29 gen 2008 (CET)
Salve sulla località di nascita di Celestino V e sullle sue nobili origini nonchè sulla sua monacazione benedettina nel ramo dei Cistercensi e su un suo ritratto coevo la bibliografia innovativa è DOMENICO CAIAZZA , il Segreto di san Pietro Celestino Delle origini e formazione di Pietro degli Angeleri papa Celestino V Quaderni Campano sannitici , Piedimonte Matese Ikona 2005
e
DOMENICO CAIAZZA ( a cura) Terra di Lavoro Terra di Santi eremiti e monachesimo nell' Alta terra di lavoro da Benedetto a Clelestino V Quaderni Campano Sannitici Piedimonte matese Ikona 2005
Domenico Caiazza asrticolo sulla rivista Medioevo credo febbraio o marzo 2007 Saluti
— Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 87.23.228.140 (discussioni · contributi) 19:21, 2 set 2008 (CEST).
Salve,
ho aggiunto la versione latina della bolla di rinunzia al pontificato di Celestino V presa dal Centro Studi Agostiniano "Cherubino Ghirardacci"
--Simosito (msg) 18:35, 27 set 2008 (CEST)
benedetto ix riunciò 2 volte.... e mi pare che ve ne furono altri — Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 151.50.24.193 (discussioni · contributi) 14:48, 5 nov 2008 (CET).
C'è scritto che bonifacio venne eletto quando aveva 59 circa...ma sulla pagina di bonifacio stesso dice ke venne eletto a 64 anni!
Ho ripristinato la versione precedente per evidenti motivi di stile in base alle norme WP. Ecco alcune osservazioni a spiegazione di quanto detto:
Mi fermo qui.--K.Weise (msg) 11:44, 8 apr 2010 (CEST)
Vorrei ricordare all'anonimo utente 79.47.167.171 che i template: Citazione necessaria non si eliminano arbitrariamente con il cambio di qualche parola ma inserendo la citazione puntuale della fonte, secondo le regole che disciplinano gli interventi su WP. Le ipotesi e le supposizioni, anche se diffuse (non so poi se questo sia il caso), devono SEMPRE essere appoggiate dalla citazione della fonte (chi e dove le ha formulate), diversamente WP diventa un blog, non un'enciclopedia. Desidero inoltre invitare l'anonimo utente 79.47.167.171 a registrarsi, in modo che sia possibile un confronto diretto e costruttivo sui contenuti e sulla forma dei suoi interventi.--K.Weise (msg) 15:45, 20 mag 2010 (CEST)
Ho ripristinato la versione di Raffaele P. poichè la modifica successiva è errata. La frase che secondo l'autore era stata tolta senza motivazione, lo fu pour cause: la spiegazione sta nella citazione puntuale con tanto di documentazione, bastava guardare qui la Cronologia. L'autore del ripristino della frase di cui sopra o presenta una documentazione puntuale più attendibile o lascia perdere!--K.Weise (msg) 21:55, 31 mag 2010 (CEST)
Ho riportato il testo alla versione in oggetto poichè l'anonimo 79.41.49.145 ha aggiunto elementi privi di riscontri sulle fonti: «...potrebbe essere passato...» potrebbe aver fatto tante cose, ma se non vi sono citazioni di fonti è inutile aggiungere infos, visto che si tratta di formule dubitative. La stessa cosa vale per l'alternativa al luogo di nascita indicato, priva di riscontro di fonti. Riprenderò (in Note) solo il riferimento al sito Abbazia della Ferrara.--K.Weise (msg) 18:52, 5 giu 2011 (CEST)
La modifica apportata ieri dall'anonimo 78.134.10.121 (a proposito: ma perchè non registrarsi, non costa niente e rende il rapporto fra WP ed utente più chiaro!) è ambigua: il testo parla di due centri che vantano i natali di papa Celestino ma poi si parla in effetti di tre, poiché è stato aggiunto anche Raviscanina. Inoltre rimane il testo: «… che adduce come prova un affresco coevo…»; chi è che adduce, Sant'Angelo o Raviscanina? Il testo precedente non era, in merito, una meraviglia (per altro mancava e manca una citazione a riprova delle rivendicazioni) ma questo, per ambiguità, è peggio ancora: se non si può migliorare, meglio tenersi quello che c'è con tutti i suoi difetti!--K.Weise (msg) 15:39, 6 giu 2011 (CEST)
PS. Fra l'altro manca anche una citazione puntuale di fonte riguardo alla scissione di Castrum Sancti Angeli de Raviscanina che sarebbe avvenuta nel 1812 (a proposito: quando è avvenuta la rivendicazione? Immagino dopo il 1812, visto che «...si aggiungono recentemente...»! Allora chi rivendica può essere uno solo dei due comuni citati! E quale è dei due?)--K.Weise (msg) 15:39, 6 giu 2011 (CEST)
Questa fonte viene citata due volte. Cos'è? Dov'è?
Direi che sarebbe meglio aggiungere un riferimento bibliografico. --Ancelli (msg) 12:35, 12 feb 2013 (CET)
Il patrono di Isernia è in realtà San Nicandro, i compatroni SS. Marciano a Daria; San Pietro Celestino è solo uno dei patroni secondari di Isernia. Sarebbe già una mezza forzatura (ma credo accettabile) indiacarlo come compatrono, ma come patrono unico no, è un dato falso. La questione è trattata qui: e qui: . Riassumendo, la curia, la diocesi e il Vaticano hanno sempre confermato che i patroni della città sono quelli che ho detto, mentre il comune ha deciso in tempi recenti, pur del tutto conscio della cosa, di ascrivere questo titolo unicamente a S. Pietro Celestino, ma il sito web del comune riporta comunque anche i patroni veri della città, smentendo lo statuto comunale.
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Perchè date per scontato che Celestino V sia nato a Sant'Angelo Limosano o ad Isernia quando il primo non è una castra e comunque non ha un Castello e la seconda è una civitas? La bolla di canonizzazione scritta dieci anni circa dopo la morte di Celestino dice (traduzione del Tullio) che Celestino è nato in un Castrum Sancti Angeli in Terra de Noe (Terra di Lavoro) e neè Sant'Angelo Limosano e nè Isernia facevano parte della Terra di Lavoro bensì delo Contado del Molise (vedi Riccardo Filangieri vol.xxii par.221 e 222 presso biblioteca del Mashio Angioino). Invece esiste il Castrum Sancti Angeli di Ravecanina, in terra di lavoro, l'Abbazia di santa Maria della Ferrara con un grandissimo affresco che raffigura Celestino mentre celebra i funerali di Malgerio Sorel (ricco commerciante di bestiame francese che si era ritirato nell'Abbazia). Gli addentellati di San Giovanni, San Bartolomeo, i due giorni di marcia per Castel di Sandro e cc.ecc. Facciamo una enciclopedia seria. Astenetevi dall'affermare che sia nato nei posti prima menzionati.FR— Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Fernanda Rinaldi (discussioni · contributi).
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