Dionisio I di Siracusa
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Dionìsio I o Dionigi[N 1] di Siracusa, detto il Vecchio o anche il Grande[1] (in greco antico: Διονύσιος?, Dionýsios; Siracusa, 430 a.C. – 367 a.C.) è stato un militare e politico siracusano, che fu tiranno di Siracusa e tragediografo.
«Quivi si piangon li spietati danni;
quivi è Alessandro, e Dionisio fero,
che fé' Cicilia aver dolorosi anni.»
Dionisio I di Siracusa | |
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Re di Siracusa | |
In carica | 405 a.C. – 367 a.C. |
Predecessore | Governo oligarchico-democratico |
Successore | Dionisio II |
Nascita | Siracusa, 430 a.C. |
Morte | 367 a.C. |
Egli riuscì, salendo al potere, ad abbattere la democrazia che si era instaurata in Siracusa nel 465 a.C., anno della morte di Trasibulo, l'ultimo tiranno della dinastia dei Dinomenidi[2]. La scelta politica di Dionisio perseguiva quella di Gelone I, vissuto un'ottantina d'anni prima; per tanto, non sorprende che per lui sia stato «il riso della Sicilia»[3][N 2]. Si racconta che Publio Scipione l'Africano, quando gli furono chiesti i nomi degli uomini più abili e più intelligentemente coraggiosi, abbia risposto «I sicelioti Agatocle e Dionisio»[4].
Dionisio fu a capo dell'esercito di Siracusa e degli alleati durante le guerre greco-puniche (in particolare la terza e la quarta). I successi, sommati ai risultati che la guerra contro la lega italiota ebbe, portarono al completo assoggettamento della Sicilia (esclusa la parte nord-occidentale ancora in mani cartaginesi) sotto un'unica polis egemone: Siracusa[5][6]. Questa nuova entità statale, inizialmente denominata "Arcontato di Sicilia", pur attraversando anche delle fasi convulse di cambio di forma di stato e trasformata in "Regno di Sicilia" vero e proprio da Agatocle, durò fino alla conquista romana di Siracusa nel 212 a. C. .[7]
La sua tirannide portò svariate novità in àmbito culturale; Dionisio, infatti, fu un uomo di grande cultura e un mecenate, la sua corte ospitò personalità come Platone (388 a.C.), Eschine Socratico, Filosseno e Aristippo di Cirene[8][N 3][9], senza contare i numerosi artigiani e studiosi che accolse. Egli è tutt'oggi ricordato come esempio della crudeltà che un tiranno può raggiungere, infatti, si narrano molti aneddoti riguardanti la sua personalità e la maggior parte di essi è raccolta nelle Tusculanae disputationes di Cicerone e nei Moralia di Plutarco.