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dialetto veneto in Friuli-Venezia Giulia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il bisiacco o bisiaco (bisiàc /biˈzjak/) è un dialetto[1] della lingua veneta, con un lessico derivante in buona parte dal friulano e in minor parte dallo sloveno, parlato nella Bisiacaria, nome non ufficiale con cui si indicano 8 comuni del Friuli Venezia Giulia attorno a Monfalcone, inclusi in un immaginario triangolo avente per lati il golfo di Panzano, il fiume Isonzo dalla foce a Sagrado e il limite occidentale dell'altopiano Carsico.
Bisiacco Bisiac | |
---|---|
Parlato in | Italia |
Regioni | Friuli-Venezia Giulia (Provincia di Gorizia) |
Locutori | |
Totale | N.D. |
Altre informazioni | |
Scrittura | alfabeto latino |
Tipo | SVO flessiva - sillabica |
Tassonomia | |
Filogenesi | Indoeuropee Italiche Romanze Italooccidentali Occidentali Galloiberiche Galloromanze Lingua veneta |
Codici di classificazione | |
ISO 639-2 | roa (lingue romanze)
|
ISO 639-3 | vec (EN)
|
Glottolog | bisi1243 (EN)
|
Secondo Ugo Pellis e diversi studi, il bisiacco è una parlata autoctona «sorta dalla fusione incompleta del veneto col substrato originario friulano»[2]. Altri invece lo ritengono un'irradiazione del dialetto gradese (un'isola linguistica veneta conservatasi grazie alla secolare presenza veneziana) nell'entroterra, dove ha subito l'interferenza con il friulano[3]. La prima ipotesi si può riallacciare al ripopolamento del territorio, dopo il XVI secolo, da parte di genti provenienti dall'area tra il basso Piave e la Livenza, zona dove tutt'oggi si parla la varietà del veneto detta liventina, Questa varietà in effetti condivide con il bisiaco molti tratti comuni, come ad esempio la caduta delle vocali finali atone e la terminazione in -si nel passato prossimo della coniugazione verbale (gavevisi, volevisi savevisi, ecc.).[senza fonte]
Quanto all'origine del termine, l'ipotesi più condivisa riprende la parola slovena e croata beʒiak nell'accezione di "profugo", "fuggitivo" (dallo sloveno bežati "fuggire"), teorizzando una migrazione di genti di lingua romanza incalzate da popoli slavi[3], ma anche e soprattutto nel significato di "immigrato", cioè riferendosi alla ripopolazione avvenuta sotto la Serenissima di genti venete dopo le invasioni turche (che lasciarono quasi spopolato il territorio di Monfalcone e dal cui ripopolamento sarebbe nato il dialetto "bisiac"); un'altra ipotesi, ma meno condivisa, può essere ricollegata alla stessa parola beʒiak ma nel significato di "stupido", "mendicante" e "malvagio", avrebbe quindi la stessa etimologia dell'italiano "bislacco" (attraverso l'istro-italiano bizǧáko e bezǧáko). Un'etimologia più fantasiosa del XX secolo, infine, lo fa derivare dal latino bis aquae visto che la sua area di diffusione è delimitata dai due fiumi Timavo e Isonzo (accezione però che non ha senso dato che in latino si direbbe semmai binae aquae)[4].
Da tempo ormai la parlata è in forte declino, avendo subito le pressioni del veneto di tipo triestino e, in tempi più recenti, dell'italiano. Già nel 1930 lo stesso Pellis annotava come fosse parlato quasi esclusivamente da adulti e anziani, resistendo in particolare nei centri di Fogliano, Pieris, San Canzian d'Isonzo, Staranzano e Vermegliano[2].
Il bisiacco è diffuso nella cosiddetta Bisiacaria, il territorio della provincia di Gorizia compreso tra il Carso, l'Isonzo e la costa adriatica. Capoluoghi della Bisiacaria sono considerate Turriaco (culturalmente) e Monfalcone (economicamente) la cui parlata, in realtà, è oggi fortemente influenzata dal triestino. Il dialetto è più conservato nell'entroterra, in un'area avente per vertici Sagrado, San Canzian d'Isonzo e Monfalcone stessa e che coinvolge anche i comuni di Staranzano, Ronchi dei Legionari, Turriaco, San Pier d'Isonzo e Fogliano Redipuglia. Le forme più pure del bisiacco si riscontrano nei soli centri di Pieris, Begliano e Fogliano[3][4][5].
Il bisiaco presenta cinque vocali fonologicamente distintive: [i], [e], [a], [o], [u]. A livello fonetico il grado di apertura delle vocali medie può variare, senza che ciò abbia valore fonologicamente distintivo.
Le consonanti fonologiche sono:
A livello fonetico vanno aggiunti la nasale velare (che si ha per assimilazione davanti a consonante velare) e la laterale approssimante palatalizzata (che è un allofono della laterale alveolare).
Il bisiaco non ha consonanti geminate. La grafia “ss” non indica una consonante geminata ma la fricativa alveolare sorda [s] in posizione intervocalica.
La grammatica del bisiaco presenta i seguenti tratti rilevanti:
Il bisiaco si scrive solitamente con l'alfabeto latino. La grafia del bisiaco ha come modello quella dell'italiano, dalla quale tuttavia si discosta per alcuni aspetti:
Non avendo il bisiaco alcuna ufficialità, non ne esistono grafie standardizzate riconosciute per legge. Tuttavia vi è la tendenza a convergere verso la grafia adottata nel Vocabolario fraseologico del dialetto bisiac[6].
Il lessico del bisiaco è in maggior parte di matrice veneta, tuttavia una buona parte dei vocaboli proviene dal friulano[7] (a testimonianza del passato friulanofono dell'attuale Bisiacaria) e presenta numerosi prestiti da altre lingue, che indicano la sua condizione di parlata di contatto. In particolare i prestiti vengono dallo sloveno e dal tedesco. Meno numerose sono le parole di origine greca.
Normalmente i prestiti lessicali sono adattati alla fonetica bisiaca, tranne nel caso di alcuni prestiti dal friulano, che mantengono delle caratteristiche fonotattiche non proprie del bisiaco. Per esempio si registra la presenza dei nessi [bl], [kl], che in bisiaco dovrebbero evolvere in [bj] e [tʃ] (p.es. in bisiaco si hanno blèda e sclipignàr mentre ci si dovrebbe attendere *bièda e *s'cipignàr). Ciò è dovuto probabilmente a residui del substrato linguistico friulano.
Nella tabella seguente si riportano alcuni esempi di parole bisiache di origine friulana, tedesca, slovena e greca. Per chiarezza, si indica l'accento tonico di ogni parola. Va tenuto conto che gran parte dei prestiti sono presenti anche nel dialetto triestino
Parola bisiaca | Significato in italiano | Origine |
---|---|---|
bàba | donna (spreg.) | dallo sloveno baba (donna) |
bassilàr | perdere tempo (spreg.) | dal friulano bacilâ (preoccuparsi) |
blèda | bietola | dal friulano blede (bietola) |
chèba | carcere o gabbia | forse dal tedesco dialettale kibl (gabbia per animali) |
ciòc | sbronzo | dal friulano cjoc (sbronzo) |
clànfa | zanca | dal friulano clanfe (zanca) |
còfe | stupido | dal tedesco Kopfweh (mal di testa) |
cràgna | sporcizia | dal friulano cragne (sporcizia) |
crocàl | gabbiano | dal friulano cocâl/crocâl (gabbiano) |
cròt | nudo | dal friulano crot (nudo) |
cuchèr | spioncino | dal tedesco gucken (guardare) |
cudìc | argento vivo (fig.) diavolo | dallo sloveno hudič (demonio), probabilmente tramite il friulano cudiç. Si usa solo nell'espressione gaver el cudic (avere l'argento vivo addosso) (aver il diavolo in corpo). |
cunìn | coniglio | dal friulano cunin (coniglio). Esiste anche la parola prettamente bisiaca cunic. |
disbredeàr | sbrogliare | dal friulano disberdeâ (sbrogliare) |
falìsca | scintilla | dal friulano faliscje (scintilla) |
fufignàr | sgualcire | dal friulano fufigne (raggiro) |
gnòtul | pipistrello | dal friulano gnotul (pipistrello) |
inzopedàrse | inciampare | dal friulano inçopedâsi (inciampare) |
intivàr | azzeccare | dal friulano intivâ (azzeccare) |
intrigàr | intralciare | dal friulano intrigâ (intralciare) |
làmio | insipido | dal friulano lami (insipido) |
ninìn (poco usato nel Territorio) | carino | dal friulano ninin (carino/piccolo) |
papùsa | ciabatta | dal friulano papuce (ciabatta) |
pèc | panettiere | dal tedesco Bäcker (panettiere), forse tramite lo sloveno pek (panettiere) o il friulano pec (panettiere) |
piròn | forchetta | dal greco piruni (forchetta), è probabile tramite il friulano piròn |
ràza | anitra | dallo sloveno raca (anitra) |
remitur | gran confusione | dal francese demi-tour (dall'ordine militare mal capito dalle truppe italiane) |
sbrovàr | scottare | dal friulano sbrovâ (scottare) |
sclipignàr | schizzare | dal friulano sclipignâ (schizzare) |
discreàr | usare per la prima volta | dal friulano screâ (usare per la prima volta), derivato di crei (nuovo) |
sdrondenàr | scuotere | dal friulano sdrondenâ (scuotere) |
sdrùma | grande quantità | dal friulano sdrume (grande quantità) |
sìna | rotaia | dal tedesco Schiene (rotaia) |
strìca | riga | dal tedesco Strich (riga), tramite il friulano striche (riga) |
strùcul | strudel | dal tedesco Strudel, tramite il friulano strùcul o lo sloveno strukli |
stupidès | stupidaggine | dal friulano stupideç (stupidaggine) |
vedràn | zitello (spreg.) | dal friulano vedran (zitello) |
vìz | spiritosaggine, gioco di parole | dal tedesco Witz (spiritosaggine) |
zìma | freddo | dallo sloveno zima (inverno) |
A titolo di esempio, si riporta la poesia Lisonz ("Isonzo") di Ivan Crico di Pieris (dalla raccolta Piture, Mondovì, Boetti, 1997).
Par giaroni ciari de gnente me 'nvïo,
loghi de disért spiandor, onde che 'l còdul
al se frua saldo 'nzeà de ziti. Al vént
de boi se 'ndulzisse cu'l udor fiéul
dei pirantoni; là in cau, smagnada
del ciaro, zente foresta la polsa
zidìna, senza spetar. Del desmentegarme
al me recordo de nóu al se ànema
cui lusori che in alt - virtindo del burlaz -
i se 'npïa ta le ponte, contra al biau nét.
Lungo greti chiari di niente mi avvio,
luoghi dal deserto splendore, dove il ciottolo
si consuma da sempre abbagliato di silenzi. L'aria
infuocata si addolcisce con l'odore sottile
dei fiori di topinambùr; là in fondo, erosa
dalla luce, gente sconosciuta riposa
in silenzio, senza aspettare. Dal dimenticarmi
il mio ricordo si rianima con i chiarori
che in alto - preannunciando il temporale -
si accendono sulle cime degli alberi, contro l'azzurro puro.
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