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vangelo apocrifo in lingua latina Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Vangelo dello pseudo-Matteo, così chiamato per distinguerlo dall'omoepigrafo canonico Vangelo secondo Matteo, è uno dei vangeli apocrifi, scritto in latino e databile VIII-IX secolo. Viene chiamato anche Vangelo dell'infanzia di Matteo o con la dicitura medievale Libro sulla nascita della Beata Vergine e sull'infanzia del Salvatore, che ne descrive il contenuto.
In alcuni manoscritti il testo si presenta come opera dell'evangelista Matteo, supponendo una datazione al I secolo. Tale attribuzione è però considerata dagli studiosi come pseudoepigrafica e dunque apocrifa. Il testo presenta una elaborata operazione pseudoepigrafica volta a legittimare tale paternità: il vangelo sarebbe stato scoperto, nell'originale aramaico, da Girolamo (347-420), autore della Vulgata, e da lui tradotto in latino dietro invito di Cromazio, vescovo di Aquileia (387-407), ed Eliodoro, vescovo di Altino (prologo A e B).
In realtà, il Vangelo dello pseudo-Matteo è poco più che un riadattamento del materiale contenuto nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso, opere anch'esse databili al II secolo. Il latino col quale è stato scritto il testo è notevolmente diverso (più povero e sgrammaticato) da quello di Girolamo, e presenta caratteristiche stilistiche che contribuiscono a datarlo filologicamente all'VIII-IX secolo.
Tale datazione è conforme con la prima citazione dal testo, che compare nel poema Historia nativitatis laudabilisque conversationis intactae Dei Genitricis della monaca sassone Roswitha (m. 973), badessa del convento di Gandersheim. Inoltre, non sono documentati manoscritti più antichi dell'XI secolo.
È l'unico apocrifo nel quale viene descritto l'episodio in cui una palma offre datteri a Maria e dell'acqua sgorga per dissetarla, similmente a quanto descritto in breve nel Corano (Sura XIX). Non è chiaro se si ispiri quindi al testo sacro dell'Islam composto nel 650 d.C. o se ne sia stato ispiratore; in tal caso andrebbe retrodatato al VII d.C. La coincidenza potrebbe anche riguardare un ulteriore testo comune, non rintracciato, oppure essere una similitudine puramente casuale.
I principali manoscritti usati per la stesura del testo del Vangelo dello pseudo-Matteo sono:
Il Vangelo dello pseudo-Matteo appartiene al genere dei cosiddetti vangeli dell'infanzia. Questi presentano un carattere miracolistico, col fine di illustrare i dettagli relativi alla vita pre-ministeriale di Gesù altrimenti ignoti. Tale letteratura è caratterizzata da una assente o imprecisa conoscenza degli usi e costumi giudaici o da altre imprecisioni di natura storica o geografica, che ne inficiano il valore storico degli eventi narrati.
Il materiale contenuto nel Vangelo dello pseudo-Matteo riprende il contenuto del Protovangelo di Giacomo del II secolo (cc. 1-15) e del Vangelo dell'infanzia di Tommaso (cc. 26-41), anch'esso del II secolo. I cc. 16-25 descrivono la fuga in Egitto per sfuggire da Erode, che non sono testimoniati da altre.
Nel c.3 il passo «Dio ha suscitato in lei (la madre di Maria) un seme di vita» suggerirebbe un concepimento verginale di Maria da parte di Anna.
Nel c.6 la vita di Maria al tempio è dedita al lavoro e alla preghiera.
Il c.14, che colloca Gesù neonato tre giorni in una grotta e tre giorni in una stalla, cerca di conciliare la tradizione orientale (grotta) con quella occidentale (stalla). Sempre nel c. 14, la presenza dell'asino e del bue presso Gesù Bambino è un elemento diventato poi fondamentale dell'iconografia del presepe.
L'ultimo capitolo tenta di spiegare la natura dei fratelli di Gesù citati nei vangeli canonici e nella tradizione successiva. I quattro fratelli sarebbero fratellastri di Gesù, cioè figli di Giuseppe da un precedente matrimonio. Maria di Cleofa sarebbe sorellastra di Maria madre di Gesù, avuta dalla madre Anna in secondo matrimonio con Cleofa, dopo l'uccisione di Zaccaria.
La notevole fama di cui godette nel Medioevo è anche dovuta alla sua parziale inclusione all'interno della Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze, del XIII secolo.
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