Resistenza sovietica
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La Resistenza sovietica fu l'insieme dei gruppi politici e militari attivi sul territorio dell'Unione Sovietica occupato dai tedeschi nel corso dell'operazione Barbarossa sul Fronte orientale della seconda guerra mondiale.
Il movimento di resistenza sovietico, attivato all'ultimo momento e con molta improvvisazione da Stalin e dai dirigenti sovietici dopo l'invasione e di fronte alle disfatte iniziali, si sviluppò in un primo tempo con grande difficoltà e non ottenne successi di rilievo nel primo periodo della guerra di fronte alle brutali attività repressive dell'apparato militare delle forze di occupazione. A partire dal 1942 divenne più organizzato grazie all'apparato dei quadri comunisti infiltrati sul posto, e crebbe di numero grazie al contributo dei soldati sbandati rimasti nelle retrovie e dei volontari tra la popolazione. Sfruttando il riparo delle foreste, i partigiani sovietici divennero particolarmente pericolosi e aggressivi nella seconda parte della guerra, diffusero l'insicurezza alle spalle dell'esercito tedesco e lottarono spietatamente contro collaborazionisti e nazionalisti anti-sovietici. In alcune aree della Bielorussia e dell'Ucraina si arrivò a costituire i kraj (territori) partigiani liberati e furono inflitte pesanti perdite alle truppe occupanti, impegnando grandi reparti nemici e favorendo con la guerriglia le vittorie campali dell'Armata Rossa.
È stato calcolato che in totale parteciparono alla lotta partigiana tra gli 800.000 e i 900.000 uomini che, guidati da alcuni capi famosi, contribuirono dal punto di vista morale, politico e militare alla vittoria dell'Unione Sovietica e al ristabilimento del potere sovietico nei territori occupati.